Regia: Luchino Visconti (1960)
ROCCO Puntata 1
Al suono di una tromba, due soldati marciano da un vecchio forte in pietra e passano davanti a una nave attraccata: sono Rocco e un amico, in servizio militare a Civitavecchia. Sul lungomare, altri soldati chiacchierano in gruppi. In lontananza vediamo alti complessi di appartamenti.
Nella ripresa successiva, Rocco è solo, a leggere una lettera. Sentiamo la voce di sua madre, Rosaria: "Finalmente abbiamo avuto la casa nuova. Tutti nel vicinato ci conoscono perché Simone ha vinto l’incontro di Genova e ora tutti mi chiamano ‘signora’”. Allora adesso i vicini trattano questa donna del Sud con rispetto! Vediamo cosa sta immaginando Rocco. La madre che si ferma a chiacchierare e ridere con un negoziante. La donna gioviale che Rocco si immagina è molto diversa da quella che abbiamo osservato nelle scene precedenti.
Sull’allegra musica di organetto che sembra essere il motivo di Rocco, Rosaria continua: "Ma Vincenzo ha combinato un guaio e ha dovuto sposare Ginetta. Ora se n'è andato e tu sei al servizio militare".
Rocco gira la pagina. "Simone non può lavorare perché deve allenarsi. Ciro ha un nuovo lavoro nella fabbrica dell’Alfa Romeo grazie alla sua licenza di scuola serale". Vediamo Ciro come Rocco se lo immagina, felicemente al lavoro: la fabbrica è pulita e luminosa, gli operai sono contenti.
"È l'unico a guadagnare. Quante spese! Se qualcosa rimane dalla tua paga, mandacela. Tanto a te non servono. Qui a casa stiamo tutti bene. Spero anche tu. Un grande abbraccio dalla tua mamma Rosaria”. Mentre Rocco finisce di leggere la sua lettera, la macchina da presa fa una panoramica sull'acqua, una vasta distesa con qualche nave e alcune gru isolate nel porto in lontananza.
Ancora in uniforme, Rocco esce dall'ufficio postale. Si ferma fuori, mettendo via con attenzione la ricevuta del denaro che ha trasferito a sua madre. Passando accanto, una giovane donna in un semplice trench bianco e occhiali da sole gli dà un'occhiata, senza fermarsi.
Ma, a pochi passi, lei si ferma e chiama: "Ehi! Tu!" Corre indietro. "Ah, non mi ero sbagliata! Sei proprio tu!" Lo guarda da sotto in su e chiede: "Che cosa fai qui così conciato?"
"Faccio servizio militare".
"Questo l’avevo capito". Ride. "E da quanto tempo?"
"Ho già fatto quattordici mesi".
"Anche io. Più o meno. In questa stessa città". Ride di nuovo.
È Nadia, la vicina che Vincenzo ha salvato quella notte tanto tempo fa. Quella che ha preso il cappotto di Rosaria ed è scappata dalla finestra quando il poliziotto è venuto alla loro porta.
Poi lei ordina in tono gentile: "Offrimi un caffè. Ho un’ora da aspettare".
"Con piacere, ma ho appena mandato tutti i miei soldi a mia madre".
Con un sorriso beffardo, lei gli tocca il petto con un dito. "Offro io, stupidotto! Meglio ancora, prendiamo una carrozza e facciamo un giro per la città".
Lui prende la valigia di lei e camminano verso le carrozze. "Il caffè lo prenderemo in un posto meno squallido di questo", lei gli assicura. Salgono a bordo e il cavallo inizia a camminare lentamente lungo la strada.
In un caffè sul marciapiede riprendono la loro conversazione dalla notte in cui Nadia ha consegnato a Rocco quella spilla.
Lei abbassa gli occhiali da sole e lo scruta, chiedendo: "Proprio non avevi capito?"
"No".
Il sorriso lascia la faccia di lei. Spiega cosa sta facendo lì. "Tredici mesi e otto giorni. Non ho avuto la condizionale per via dei precedenti".
"È stato brutto, eh?"
"Sì, abbastanza" – e in quel momento, come ha fatto dicendo a Simone del dentista che l'aveva molestata, cambia la sua storia – "ma neanche tanto. Sai, il tempo passa presto quando le giornate sono uguali. Si direbbe il contrario, ma è così". Spegne la sigaretta.
Con le mani che tengono la sua tazzina di caffè, Rocco la sta fissando in modo solenne. Lei lo guarda e agita la mano davanti al suo viso. "Ehi! Sveglia!" Ride e chiede: "Ti colpisce vedere qualcuno che è stato dentro? Non è così insolito" – dice con un'alzata di spalle e un sorriso – "Non sono l’unica. Ma forse sono la prima che tu abbia mai visto".
"No, no, avevo un amico nel mio paese, in realtà più di uno, ragazzi della mia età. Ma poveri, come tu non puoi immaginare". Nadia ascolta attentamente mentre Rocco le racconta la storia. A questi ragazzi era stata data una terra che doveva essere fertile, ma che invece era asciutta. Il lavoro era estenuante, e ci voleva mezza giornata per arrivarci.
Nadia abbassa di nuovo gli occhiali da sole, continuando ad ascoltare. "Poi un giorno si sono ribellati. Ma sono stati arrestati e portati in prigione. Che ci vuoi fare? Cose del mio paese".
Nadia si rimette gli occhiali. "Sì, capisco. È per questo che scappate tutti su al Nord?"
"Io se avessi potuto, sarei rimasto".
"Perché? Milano non ti piace?"
"Sì, ma è laggiù, al paese che dovremmo avere i mezzi per vivere meglio. Dove siamo nati, dove siamo cresciuti! Io non riesco a trovarmi in una grande città. Perché io non ci sono né nato né
cresciuto. Parlo di me, ma penso anche ai miei parenti, ai fratelli e ai paesani”.
"Anche a me piacerebbe un’automobile, per esempio. Ma solo dopo aver ottenuto tutto quello che viene prima: un lavoro sicuro fisso, una casa e la sicurezza di mangiare tutti i giorni". Abbassando di nuovo gli occhiali, Nadia sembra immersa nei suoi pensieri. Continua lui: "Forse non mi sono spiegato tanto bene".
Lei chiede: "Cos'ho di speciale che continui a fissarmi così?"
"Perdonami. Non so perché. Ma tu mi fai tanta pena".
"Bel complimento, certo. Non farci caso, sono stanca. Dopo tutto non ho fatto una villeggiatura divertente. E quello che mi aspetta non sarà molto meglio".
"Ma perché dici così? Ognuno può vivere la vita come vuole. Basta che ne sia convinto. Ma non bisogna avere paura, e tu hai sempre l’aria di avere paura".
Una lacrima le scorre lungo la guancia. "Sei proprio un bel tipo tu. È meglio che non mi dica altro. Vedi l'effetto che fai?"
"Vuoi che me ne vada?"
"Ma che dici? Accompagnami alla stazione. Ma non parliamo più di me perché è un argomento che mi deprime".
I suoi occhi nascosti, lei chiede: "Al posto mio, tu cosa faresti?"
"Avrei fiducia; non avrei paura. Avrei tanta fiducia".
"Ma in che?"
"Non lo so. In tutto".
"Anche in te?"
"Sì, pure in me".
"Mi cercherai quando torni a Milano?"
"Sì".
"Forse riuscirai a insegnarmi a non avere paura".
"Sì", dice, mentre la sua mano accarezza quella di lei sul tavolo e alla fine la stringe.
In un corridoio scintillante, con le pareti dipinte di fresco, Rocco si dirige verso una porta con una piccola targa: Parondi. Sembra che lo sfratto sia stato la cosa migliore che sia mai capitata a questa famiglia. Lui suona il campanello con un grande sorriso in volto.
Si guarda intorno, la sua uniforme fresca, il basco indossato con un’inclinazione vivace. Lentamente la porta si apre, la catena è ancora bloccata. Rosaria sbircia circospetta e, dopo un momento, esclama: "Rocco!"
Lei scioglie la catena e apre la porta. Si gettano l'una nelle braccia dell'altro mentre lei continua a chiamare il suo nome. Si baciano e si abbracciano. Dietro di loro, vediamo l'appartamento pulito e ordinato, ancora presieduto dal ritratto di famiglia. Incorniciato da una porta sul retro, un piccolo vicino di casa sta guardando dal ballatoio comune.
"Quanto sei bello, figlio mio!" – dice a Rocco – "Vieni dentro, vieni, vieni". Chiude la porta dietro di lui, spiegando, "Proprio ora ti stavo sistemando il letto. L'ho comprato ieri ma ce l’hanno portato tardi e con tutto quello che c’è da fare… "
Esce dalla porta sul ballatoio e annuncia ai vicini che suo figlio è tornato a casa dal servizio militare. "Guardate! È Rocco che è tornato da fare il soldato!”
Di nuovo dentro, lei gli dice, "Guarda! Non ci sono molti mobili ma poco alla volta ce li faremo".
"Ti trovo bene, mamma".
"Oh, no, figlio mio, i miei denti mi stanno dando fastidio. Qui ti piace?"
"Sì" – dice lui, togliendosi il berretto – "mi piace molto… "
"... Ma perché non c'è nessuno? Ero così contento di arrivare di domenica perché pensavo di trovare tutti in casa. Te lo avevo scritto, mamma”.
E ora il suo motivo, la musica d'organetto, inizia a suonare.
Nell'appartamento vediamo nuovi mobili in legno, alcuni trofei di boxe, alcune foto appese al muro. È pulito ed è ben illuminato... ma non sembra molto caldo. Agli occhi di Rocco, non è come a casa e nessuno è nemmeno lì di domenica.
Da fuori campo, Rosaria inizia: "Sì, ma… " Non riesce a completare la frase: non sa cosa dire.
"E poi mi dicevo forse alla stazione, ci sarà Ciro che mi aspetta" – continua a lamentarsi Rocco, ricordandoci della prima scena del film. Lei va da lui e gli dà un colpetto sul petto – "Torneranno tutti a mezzogiorno. Non te la devi prendere".
Lo conduce in camera da letto, dove spiega, gesticolando: "Io dormo di là con Luca, e qui Simone, Ciro". Con una pacca sul letto, conclude: "E tu qui, figlio mio bello". Si siede sul materasso nudo.
Comincia a parlare di Ciro: "È un ragazzo straordinario, come non puoi credere!"
Batte le mani per la felicità. Poi, con un tocco di malinconia, dice: "Sono tutti al battesimo del figlio di Vincenzo".
"E tu no?"
"Io no".
Lui si siede accanto a lei sul letto cadente e le mette le braccia attorno.
"E perché mamma non ci sei andata?"
"Aspettavo a te".
"Non è una buona ragione. Potevi dirmelo e sarei venuto pure io!"
"Andiamoci", propone lui.
"Ormai è troppo tardi".
Lui le dà un bacio. "Sei ancora arrabbiata con Vincenzo?"
"No, no, no. Vincenzo viene sempre a trovarmi a casa".
"E Ginetta?"
"Ginetta no", risponde lei bruscamente con un'espressione severa sul viso.
"Mamma come? Non vuoi vederla nemmeno ora che ha un bambino?"
"Tu credi che i Giannelli ricevano tuo fratello?"
"Mi permetti di andarci? Non vedo l'ora di rivederli".
"Vacci", dice lei, rassegnata. Lui la bacia di nuovo sulla guancia. La grossa spilla con la faccia di suo marito spicca sul suo vestito scuro.
"Grazie" – dice lui – "Grazie". Le bacia la mano e si alza, improvvisamente animato.
Si mette il berretto e dice "Ciao, mamma!" Le lancia un altro bacio e se ne va.
La musica a tema allegro di Rocco suona mentre corre in chiesa. Arriva giusto in tempo per vedere la famiglia che esce dalla cerimonia. Lui si avvicina correndo e abbraccia tutti.
Il bambino è bello, dice Rocco. Lo hanno chiamato Antonio come il padre dei fratelli Parondi.
“Posso tenerlo?" chiede Rocco. Prende in braccio il bambino e gli dice: "Antonio, bello, bello, bello!"
Torniamo in palestra. Cerri gesticola freneticamente. "Le gambe! Hai le gambe di piombo!"
Si avvicina al ring, dove vediamo Simone, vestito per il riscaldamento, con guanti e casco protettivo. Dietro di lui c'è il suo allenatore. Simone si sporge oltre le corde e dice: "Lo vuoi capire? Non farmi indossare i guanti prima del combattimento".
Cerri risponde con rabbia: "Lo so io cosa è meglio per te!" Simone alza gli occhi al cielo.
Cerri continua: "Non riesce a capire che domani sera si batterà con qualcuno che gli farà passare un brutto quarto d’ora".
L'allenatore interviene: "Gliel'ho detto!"
"Dite sempre la stessa cosa, eh?" protesta Simone.
"Questa volta è vero!" – grida Cerri mentre Simone si toglie il casco – "La velocità è l'unica chiave per vincere, ma lui è più lento di un bue".
Simone è sudato e ansimante. "Oh, è colpa mia se voi non mi avete allenato bene?" Sbatte il casco sul pavimento. "Non siete stati capaci di trovarmi un uomo un poco veloce. Me lo trovo io, non vi preoccupare!"
Looking out across the gym, he calls Rocco, “Come here!” Rocco looks up, slightly confused.
“Me?”
“Yes.”
Guardando per la palestra chiama Rocco: "Vieni qua!" Rocco alza lo sguardo, leggermente confuso.
"Io?"
"Sì".
Furioso, Cerri getta la sigaretta sul pavimento e la schiaccia. Forse sta immaginando Simone lì sotto il suo piede. Si allontana per lavorare con qualcun altro. Quando si volta indietro e vede Rocco che sale sul ring, è completamente esasperato. "Sto perdendo tempo con questi pagliacci!" grida, e si dirige verso il suo ufficio.
Nel suo ufficio, Cerri brontola: "Sacchi di patate, è tutto ciò che sono!" Raccoglie alcuni fogli e li butta giù di nuovo per la frustrazione. Gesticolando, urla: "Domani saremo ridicoli. Non sanno fare niente!" Con un movimento brusco della mano getta per terra da uno scaffale dei trofei. "Basta, basta, basta!" esclama, battendo la mano sulla sua scrivania. Cammina su e giù nel suo ufficio, urlando e agitando le braccia. "Voglio veri pugili! Professionisti! Non meridionali! Hanno ragione i milanesi! Siete terroni! Per me è chiuso! Non voglio vedere più nessuno!"
Una voce urla: "Cerri!"
"Che vuoi?"
"Vieni a vedere".
"No".
"Dai".
"Ma che me ne frega!"
"Dai".
"No".
"Ne vale la pena".
"Cosa c'è da vedere?" Con un tocco di commedia apre la porta di un millimetro, poi la chiude rapidamente. "Non voglio vedere".
"Dai, vieni, è veramente interessante!"
"Che cosa?"
"Ti assicuro che è uno spettacolo!"
Cerri finalmente cede. "Bene", dice, mentre si avvicina per dare un'occhiata oltre la parete.
Oltre il divisorio del suo ufficio, pieno di fotografie, osserva Simone e Rocco che si allenano. Apparentemente Simone si è svegliato. Cerri non può credere a questo miracolo. Grida incoraggiamenti dal suo ufficio.“Bravo! Ecco! Così!”
Belle immagini dei fratelli che si allenano, vigili ed entusiasti.
"Aspetta" – dice Cerri, agitando il braccio – "che vengo lì". Cammina rapidamente fuori dal suo ufficio verso il ring.
In piedi fuori dalle corde, osserva Rocco. "Quel ragazzo è proprio bene. Guarda come schiva".
Simone si avvicina a Cerri, dicendo: "Lascia fare a me prima di un combattimento. Capisci?" Si arrampica fuori dal ring e se ne va infuriato, esclamando: “Sono nervoso! Capito?!”
Simone si volta indietro e vede che Cerri ha fatto entrare un altro pugile sul ring con Rocco. Il tipo che aiuta Simone a togliersi i guanti dice: "Quel ragazzo è veramente bravo".
Portare Rocco potrebbe non essere stata una grande idea, dopo tutto. Simone non sembra molto felice.
Cerri dice: "Simone, guarda qua. Se tu non stai attento, ti farà le scarpe".
Arrabbiato e insicuro, Simone si difende: "Aspettiamo fino a domani!"
Cerri risponde: "Ma certo che aspettiamo domani! Ma se le cose vanno come dico io...".
Quando Rocco esce dal ring. Cerri gli dà un colpetto sulla guancia, dicendo: "Ben fatto! Hai fatto progressi, ragazzo". Simone li guarda in cagnesco.
Rocco spiega a Cerri: "Nell'esercito ci allenavamo insieme. Ho anche combattuto in alcuni incontri. Ma non ho intenzione di continuare".
"Perché? Non ti piace?"
"No". Si dirige verso lo spogliatoio.
Lasciando la palestra, Rocco va in città a passo svelto, poi si mette a correre.
Finalmente arriva a destinazione: una fermata del tram dove Nadia sta aspettando – lui. Si baciano brevemente, in modo familiare. Non è la prima volta che si vedono da quel giorno a Civitavecchia!
Salgono sul tram e si fermano sul retro, fianco a fianco. La musica jazz suona: non è il tradizionale tema folkloristico di Rocco. Qualcosa sta cambiando. Attraverso i finestrini del tram, vediamo il traffico sulla strada.
Una dissolvenza ci mostra che il tempo è passato. Ora Rocco tiene stretta Nadia tra le sue braccia e la musica è cambiata ancora una volta. È drammatica, romantica forse, ma anche venata di dolore. Questo dolore ci impedisce di rilassarci completamente mentre guardiamo Rocco che accarezza i capelli e il viso di Nadia.
Questa scena del tram in pieno giorno, con i suoi enormi finestrini che rivelano la città all'esterno, è in netto contrasto con la prima volta che Rocco e Nadia si sono incontrati, in quell'oscuro appartamento nel seminterrato.
Nella sala di pugilato, due pugili stanno combattendo ferocemente: Simone e un uomo nero, Webster. Sentiamo schiamazzi dalla folla: "Simone! Torna al tuo paese!"
Con il suo cappellino nero, Cerri osserva ansiosamente dal bordocampo mentre la folla fischia.
I pugili rimangono bloccati in uno stretto abbraccio, e l'arbitro li separa.
Mentre i pugili si muovono intorno al ring, l'arbitro fa dei passi veloci e leggeri per stargli dietro. Dopo un po', Simone inizia a curvarsi per i colpi duri del suo avversario.
Suona la campanella e Simone va al suo angolo, ansimando. È esausto. In primo piano vediamo che il suo occhio è stato ferito; il sangue gocciola sul suo viso. Vincenzo delicatamente tampona la sua ferita mentre l'allenatore lo massaggia.
"Non ce la faccio più" – dice Simone – "Getta la spugna”.
"Non arrenderti, stupido".
Litigano. Simone insiste che non può andare avanti e l'allenatore dice che deve farlo. Alla fine, l'allenatore dice: "Ascoltami. C'è solo una cosa che puoi fare: usa il sinistro. Solo il sinistro, capito? Non il destro!"
La macchina da presa si allontana e vediamo l'intera sala. La folla riempie tutta l’area intorno al ring e anche la balconata. Il pubblico è nell’oscurità, ma la luce brilla sul ring.
Al suono della campana i pugili vanno al centro del ring. Come istruito, Simone colpisce con il suo sinistro. Ma poi inizia ad agitarsi all’impazzata. Il suo avversario lo colpisce ripetutamente e alla fine Simone si accascia. L'arbitro conta su di lui.
Simone si alza e barcolla fino al suo angolo implorando il suo allenatore: "Getta la spugna".
L'allenatore è inizialmente insistente. "Non smettere ora. Non essere stupido". Ma Simone insiste e lo convince. L’incontro è finito.
"Respira" – lo istruisce l'assistente – "Respira". L'allenatore è furioso. Si lamenta con Cerri, che è apparso nell'angolo: "Ma tu guarda che roba! Avrebbe finito il combattimento a pari. Avrebbe finito benissimo il combattimento! Ma ha gettato la spugna! Non dovevo buttarla!”
Da fuori campo, l'annunciatore dice: "Per getto della spugna, alla settima ripresa, vince Webster". La folla esulta.
Fuori dalla sala, Cerri discute con alcuni dei suoi colleghi che hanno perso un bel po' di soldi perché Simone ha perso questo incontro.
Cerri va a parlare con Rocco, lamentandosi: “Hai visto che bellezza tuo fratello?”
Rocco spiega: "Signor Cerri, Simone non è più lui. Me ne sono accorto appena sono tornato dal servizio militare".
"Smettila di difenderlo. Sappiamo entrambi come sono andate le cose. Per come stanno le cose ora, non puoi dire di no a me. Hai un debito di coscienza con me per tutti i problemi che ci ha dato tuo fratello. Siamo d’accordo?"
Rocco non risponde.
Un assistente fascia le ferite di Simone. Mentre Simone sussulta per il dolore, il suo amico Ivo gli parla del combattimento e di cosa accadrà dopo. Ivo racconta a Simone quello che ha appena sentito per caso: che Cerri userà Rocco per combattere. Ma, aggiunge, se Rocco è d'accordo, dovrà cambiare anche lui il suo stile di vita.
Si ferma per vedere la reazione di Simone, ma non ce n'è. Così Ivo chiarisce: se Rocco inizia a combattere dovrà smettere di andare con le prostitute. Simone gli assicura che Rocco non va con le prostitute.
Ma Ivo non è d'accordo: "Non far finta di non saperlo. Lo sanno tutti che tuo fratello ha il grande amore. Si fanno sempre vedere in giro insieme".
Simone non risponde a nulla di tutto ciò, ma Ivo è irremovibile: "Specialmente dalle parti della Ghisolfa, la sera. Con la Nadia".*
*Nel nord Italia, "la" viene a volte usato in modo informale quando si fa riferimento a una donna conosciuta, ad esempio "la Magnani" o "la Loren".
Finalmente le parole di Ivo arrivano a Simone. Lui alza lo sguardo lentamente, confuso.
"Oh, Simone, cosa mi dici? Che non lo sapevi?"
"Io no".
"Dicono che lei si è innamorata. Non ha voluto vedere più nessuno. Ora va a scuola di stenografia. È diventata una santa!" Ivo continua a chiacchierare, ma Simone guarda fisso in avanti sotto shock, cercando di elaborare questa informazione, mentre l'assistente continua a medicargli la tempia.
L'espressione di Simone si è trasformata in rabbia silenziosa. Alza lo sguardo sul suo amico, mentre la scena cambia.
FINE PARTE IV
Here is the link to Parte V. A Vertigo grammar exercise about the film has been posted at the bottom of Parte VIII.
GLOSSARIO
si accascia (accasciarsi) – he collapses
alza (alzare) gli occhi al cielo – he rolls his eyes
ansimante (ansimare) – panting (present participle as adjective)
si arrampica (arrampicarsi) – he climbs
non arrenderti! (arrendersi) – don’t give up!
asciutta (o/a/i/e) – dry
attraccata (attraccare) – docked (past participle as adjective)
il ballatoio (oio/oi) comune (e/i) – the communal balcony
il basco (co/chi) – the beret
si batterà (battersi) – he’ll fight
beffardo (o/a/i/e) – mocking
il bordocampo – the sidelines
brontola (brontolare) – he grumbles
un bue (ue/uoi) – an ox
cadente (e/i) – saggy
in cagnesco – glowering
cammina (camminare) su e giù – he paces
una carrozza (a/e) – a carriage
casco (co/chi) protettivo (o/i) – protective helmet
la catena (a/e) – the chain
chiamato (chiamare) come – named after (a person)
circospetta (o/a/i/e) – circumspect, cautious
ha combinato (combinare) un guaio (aio/ai) – he made a mess
complessi (o/i) di appartamenti (o/i) – apartment complexes
conciato (conciare) – dressed (past participle)
la condizionale (e/i) – the suspended sentence
ha consegnato (consegnare) – she handed [something to someone]
“Cos'ho (avere) di speciale …?” – “Do I have something special…?”
di là – there
una distesa (a/e) – an expanse
il divisorio (io/i) – the partition wall
elaborare – to process [something mentally]
estenuante (e/i) – grueling, exhausting
esulta (esultare) – they cheer
fa (fare) una panoramica (ca/che) – it [the camera] pans (cinematic term: stationary camera rotates, normally across a horizontal area)
la fabbrica (a/che) – the factory, plant
"Non ce la faccio (farcela) più" – “I can’t take any more”
“Ti farà (fare) le scarpe” – “He’ll steal your thunder” (upstage you)
“Non farci (fare) caso” – “Don’t worry about it”
ce la faremo (fare) – we’ll get there (accomplish something)
fascia (fasciare) – he bandages
fianco a fianco – side by side
un forte (e/i) in pietra – a stone fort
getta (gettare) la spugna – throw in the towel (imperative)
gioviale (e/i) – charming
gocciola (gocciolare) – it drips
gru (no change) – cranes (the same word for construction equipment or the bird)
guadagnare – to earn
la guancia (cia/ce) – the cheek
all’impazzata – wildly, crazily
impedisce (impedire) – it impedes
l’incontro (o/i) – the sports event match
insolito (o/a/i/e) – unusual
irremovibile (e/i) – adamant
lancia (lanciare) un bacio (io/i) – he blows a kiss
“Lascia fare a me” – “Leave things to me”
in lontananza (a/e) – in the distance
il lungomare (no change) – the waterfront
il materasso (o/i) – the mattress
netto (o/a/i/e) – striking
un'occhiata (a/e) – a glance
pagliacci (ccio/cci) – clowns
a pari – a tie
a passo svelto – at a brisk pace
per via di – because of
poco alla volta – little by little
i precedenti (e/i) – the criminal record
“Non te la devi prendere" – “You shouldn’t worry about it”
presieduto (presiedere) – presided over (past participle)
primo piano – close-up
rassegnata (rassegnare) – resigned (past participle as adjective)
“Io non riesco (riuscire) a trovarmi (trovare) in una grande (e/i) città(no change)” – “I don’t see myself in the big city”
si rimette (rimettersi) – she puts back
riprendono (riprendere) – they resume
la ripresa (a/e) – the (cinematic) shot. Also, the round (in a boxing match)
sbircia (sbirciare) – she peeks
uno scaffale (e/i) – a shelf
schiaccia (schiacciare) – he grinds
schiamazzi (o/i) – jeers
schiva (schivare) – he dodges
scintillante (e/i) – gleaming
scioglie (sciogliere) – she unfastens
scorre (scorrere) – it flows
scruta (scrutare) – she peers
ha sentito (sentire) per caso – he overheard
solenne (e/i) – solemn
sotto shock – in shock
spese (a/e) – expenses
spicca (spiccare) – it is prominent
stargli (stare) dietro – to keep up with them
stretta (o/a/i/e) – tightly
stringe (stringere) – he clasps
sussulta (sussultare) – he winces
tampona (tamponare) – he dabs
una targa (ga/ghe) – a plaque
“Torna (tornare) al tuo paese!" – “Go back to your hometown!”
ha trasferito (trasferire) – he wired (money)
i trofei (eo/ei) – the trophies
una tromba (a/e) – a bugle
venata (o/a/i/e) – marked
volto (o/i) – face