Regia: Karel Reisz (1960)
È mattina nella città industriale di Nottingham, in Inghilterra. Un lungo treno merci sbuffa attraversono il paesaggio industriale. Attraverso la foschia vediamo una distesa di edifici industriali, con una centrale elettrica sullo sfondo. I carri pieni di carbone restano in primo piano, in attesa di essere consegnati.
E ora vediamo il quartiere di Arthur, il retro delle case, le recinzioni, i panni stesi, la lunga catena di gabinetti esterni. Ci sono pochi rumori di bambini che giocano. Tutto sembra straordinariamente pulito e in ordine nella pace di queste prime ore del giorno.
Per quanto riguarda Arthur, è nel suo letto sgualcito, sembra avvilito. Sta solo steso lì, con le mani incrociate sul petto, girando lentamente la testa dolorante. Ascoltiamo i suoi pensieri con la voce fuori campo: "Mi hanno battuto, questo è sicuro. Eppure: ho avuto la mia parte di divertimento. Non è la prima volta che mi sono ritrovato in una lotta persa". Solleva la mano sulla fronte. "E non sarà l'ultima volta, non credo".
Tira via la coperta e si mette a sedere sul lato del letto. "Da quanto tempo sono steso qui, però? Una settimana? Non riesco a pensare”.
Si alza, cammina verso il cassettone e si guarda allo specchio, le braccia incrociate, i pugni serrati. Alza la mano e si tocca delicatamente la guancia ferita. "Mamma mi ha chiamato pazzo quando le ho detto che sono caduto da un gasometro per una scommessa. Ma io non sono pazzo. Sono un puntello di miniera che combatte e che vuole una pinta di birra.* Questo sono io. Ma se qualche bastardo scocciatore dice che sono io, gli dirò che sono un mercante di dinamite, in attesa di far saltare la fabbrica nell'aldilà. Sono me stesso e nessun altro. Qualunque cosa la gente dica che sono, questo è quello non sono. Perché loro non sanno un maledetto niente di me".
* Un puntello di miniera: un pezzo di legno usato per sostenere il tetto della galleria di una miniera.
E, in un raro momento di auto-riflessione, si mette la mano sulla bocca, ammettendo che anche lui non sa chi sia.
Cammina lentamente fino alla finestra e apre le tende. Mentre il sole colpisce la sua faccia, lui strizza gli occhi sbircando il cortile.
È una bella giornata e il quartiere brulica. La macchina da presa fa una panoramica sui bambini mentre corrono e lanciano una palla in aria, urlando allegramente; la signora Bull e un'amica chiacchierano vicino a una staccionata, accanto ai panni stesi; un uomo percorre il vicolo verso di loro sulla sua bicicletta. Guardando verso la strada, vediamo un gruppo di donne che parlano accanto a una carrozzina. La gente cammina, una macchina passa, la vita va avanti.
E soprattutto: ecco che arriva Doreen. Il suo cappotto bianco luminoso e la sua borsetta sono coordinati con i panni stessi a cui passa accanto. Sullo sfondo fuligginoso, lei sembra praticamente incandescente.
La faccia di Arthur si illumina alla vista di lei. Lui chiude le tende. Anche la sua vita andrà avanti.
Ritorna a letto e si distende immobile. Ma quando bussano alla porta si aggiusta rapidamente i capelli.
"Avanti!" urla.
Doreen entra e lui si mette a sedere, con un ampio sorriso. "Oh, vieni dentro, bambina! Che sorpresa!"
"Sono venuta per vedere come stavi".
"Non male. Sarò in gran forma in un giorno o due". Queste sono le stesse parole che ha detto a Brenda riguardo alla sua guarigione dopo l'aborto. "Togliti il cappotto e siediti".
"Che bella stanza" – osserva lei – "Sono tuoi tutti quei vestiti?"
"Ah, solo alcuni stracci".
"Devono esserti costati una bella somma".
"Prendo un buon salario", dice lui con orgoglio.
"Sono stata preoccupata per te tutta la settimana. Eri in un tale stato quando ti abbiamo portato a casa. Che è successo?"
"Oh, sono stato investito da un cavallo e un carro. Non li ho visti finché non sono stati proprio sopra di me. Pensavo di essere spacciato", dice con noncuranza.
"Hai persino detto a tua mamma che sei caduto da una cisterna di benzina per una scommessa. Non dici mai niente a nessuno, vero?”
"Perché dovrei? Vale la pena tenere il becco chiuso. Adesso vieni e siediti".
"No, non è così".
"Te l'ho appena detto, no? Te l'ho detto che sono stato investito da un cavallo e un carro”.
Mentre lui parla, Doreen cammina per la stanza guardandolo. Alla fine si ferma e dice, scuotendo la testa, "Sei un bugiardo".
Mentre lei sta in piedi accanto al letto, guardandolo, lui si sdraia di nuovo. "Non ti piacerà se te lo dico".
"Non c’è problema", lo rassicura lei.
"Sono stato picchiato da due soldati".
"Per cosa?"
Sorprendendoci, lui dice la verità: "Beh, sono uscito con una donna sposata e suo marito me li ha messi contro. Due contro uno, quindi mi hanno picchiato. Li avrei stesi se fossero stati uno alla volta".
"Suppongo sia per questo che ci hai lasciati al luna park".
Ma ora lui torna alle sue bugie: "No, non è stato così. Ho visto un mio amico sugli autoscontri che mi doveva dei soldi e sono andato a prendermeli".
"Non ti ho visto dopo. Cosa ti è successo?" La interroga lui, come se fosse stata lei a fare qualcosa di sbagliato.
"Mi parli come se fossi un rifiuto", risponde lei.
"Oh, bambina, non fare così. Mi dispiace".
"Sembri dispiaciuto in effetti", dice lei, sorpresa.
Arthur chiude gli occhi, esausto.
Lui dà un colpetto sul letto accanto a se. "Vieni qui".
Lei non si muove, solo lo guarda negli occhi, quasi spaventata.
"Dai, vieni qui,", dice piano, dando di nuovo un colpetto sul letto. Lei si siede e lui continua: "Sono contento che tu sia venuta a trovarmi. Sarei rimasto giù di morale per sempre se non l'avessi fatto".
Mentre lei siede accanto a lui, risponde: "Mi chiedevo come stessi. Oh, ti ho portato alcune paglie".
"Oh, grazie" – dice lui, infilandole sotto il cuscino – "Com'è fuori?"
"Fa un po' freddo".
"Non in questo letto. È caldo sotto tutte queste coperte. Vieni e prova", dice, prendendole la mano.
"Per chi mi hai presa?" chiede lei, offesa.
"Ci stiamo corteggiando, no?"
"Potresti chiamarlo corteggiare".
"Sei una brava ragazza, Doreen, e mi piaci molto. Penso che dovresti stare con me per sempre, così non mi farò investire da altri cavalli. Il problema con me è che mi imbatto sempre in cose. Non è un gioco che paga molto".
"Dovrai guardare dove stai andando, no?"
"Non ho mai visto nessuna bella come te", dice lui. Vediamo che lei è vestita con cura per questo incontro: una camicetta chiara, una collana, rossetto e i suoi capelli sono ben tirati indietro.
Doreen non risponde. Lo guarda con un'espressione seria sul viso. Lui rompe il silenzio: "Ti comprerò un anello la prossima settimana, se sarai gentile".
Lei sorride e sembra fare un leggero sospiro di sollievo o soddisfazione.
Con un grande sorriso, lui dice, "Dai, dammi un bacio, allora". Improvvisamente, Doreen sembra euforica. Si piega per baciarlo.
Al piano di sotto arriva Bert.
Il padre di Arthur, arrotolando una sigaretta al tavolo, gli chiede: "Come vanno le cose nella miniera?"
"Nere" – ridacchia lui – "Ma non posso lamentarmi. Dov'è il ragazzo?"
"Ancora a letto", gli dice la zia Vera. "Prendi la sua maglietta pulita, già che ci sei".
"Certo", risponde lui e afferra la maglietta, camminando velocemente verso la porta.
"È ora che si alzi", dice suo zio.
Alla porta, Bert si ferma abbastanza a lungo da guardarsi indietro e chiedere "Che succede, la TV è rotta?"
Nella stanza di Arthur, Doreen è piegata su di lui in un abbraccio stretto.
Senza bussare, Bert irrompe annunciando: "Ecco che arriva l’uomo del bucato!"
La coppia si separa. Arthur si tira su a sedere, asciugandosi il rossetto dalla bocca e Bert dice: "Oh, mi dispiace, Doreen. Non sapevo che fossi qui". Lancia la maglietta sul letto.
Arthur riconosce che è ora che lui si alzi.
Doreen si alza e sistema il suo top e i capelli. Dice che sta per andare via; sua mamma la sta aspettando.
Doreen va alla porta e Arthur dice: "Arrivederci, amore. Ci vediamo a casa tua". Doreen, tenendo il cappotto bianco, si volta per guardare Arthur: Ha un aspetto radioso.
Doreen esce. Nel momento in cui la porta si chiude, Bert sussurra il suo apprezzamento ad Arthur: "Infermiera favolosa".
Arthur si sporge e gli dà uno schiaffo giocoso.
Bert invita Arthur a pescare quel pomeriggio, ma Arthur non può.
Mentre si mette la camicia – ancora seduto sul letto – spiega, "Ho un appuntamento".
"Con chi?"
"Con Doreen!" dice felicemente. Per un momento, sembra un ragazzino spensierato.
Una dissolvenza ci porta a casa di Doreen quella sera. La coppia siede al tavolo della cucina.
La cena è finita: i piatti da dolce sono impilati ordinatamente. Una grande teiera si trova sul tavolo, con una manciata di tazze e piattini delicati. L'orologio suona le 11:00. La madre di Doreen è seduta su una sedia, con le spalle rivolte al tavolo, a leggere il giornale.
Arthur è annoiato, forse arrabbiato, almeno infastidito. Picchietta le briciole sul tavolo con l'indice. All'inizio, Doreen sembra triste. Ma poi fa una barriera per le briciole con la mano ed entrambi sorridono. Ne ha fatto un gioco. Danno uno sguardo alla madre e continuano a giocare.
"Tua madre impiega tutta la notte per leggere il giornale" – dice Arthur a bassa voce a Doreen – "Legge lentamente o sta guardando le pubblicità?"
"Legge ogni parola. Ama il suo giornale più di un libro".
Il bollitore in cucina inizia a fischiare e loro guardano di nuovo la donna, che continua a leggere, tenendo alto il suo giornale. Sembra inconsapevole del suono, finché Doreen non la avvisa.
"Va bene. L'ho sentito”. Si alza e esce.
Quando è fuori dalla stanza Arthur si sporge e prende la mano di Doreen. "Pensavo che non si sarebbe mai alzata da quella sedia", dice a bassa voce.
"Non ci metterà che un minuto. Sta solo riempiendo una borsa dell'acqua calda".
Mentre sua madre ritorna nella stanza, abbracciando la borsa dell'acqua calda, Arthur lascia andare la mano di Doreen. "Bene, vado a letto" – dice – "Non fare tardi nemmeno tu, Doreen".
Doreen si alza. "Non lo farò. Arthur andrà via tra un minuto. Ha molta strada fino a casa".
"È vero" – afferma lui – "Vado via tra poco".
"Beh, non fare tardi", ammonisce la madre e poi esce per andare a dormire. Doreen le urla, "Laverò le tazze prima di venire, mamma".
Finalmente soli, Arthur e Doreen si guardano, in piedi, immobili. Finalmente Doreen inizia a sgombrare il tavolo, dicendo: "Prenderò queste tazze –"
"No", Arthur le mette una mano sul braccio, fermandola. Le tiene entrambe le braccia e la guarda dritto in viso. Lei ricambia il suo sguardo. Lui alza il braccio lentamente per toccarle il viso, ma lei lo ferma. "Prima facciamo come se tu stessi andando via".
Lei va verso la porta principale. Arthur la segue. Lei gira il chiavistello, apre la porta, si sporge leggermente e dice a voce alta: "Buonanotte, Arthur".
"Buonanotte", risponde lui.
Un cane che abbaia si unisce alla farsa.
Poi Doreen fa notare, "Dobbiamo farlo un po' più forte. Sai che è sorda". Sorridono con compiacimento per il tiro che stanno giocando.
Ancora più forte di prima, lei urla, "Buonanotte allora, Arthur!"
"Buonanotte, bambina! A presto!" urla in risposta lui.
Lei sbatte la porta e i due co-cospiratori condividono una risata silenziosa per il loro stratagemma.
Arthur fa strada tornando nella stanza principale.
Arthur si siede. Doreen si avvicina lentamente alla finestra e chiude le tende. Quando si gira a guardarlo, i loro occhi si incontrano. Lei si avvicina e si mette in piedi dietro la sedia. Mentre lui allunga la mano, lei gliela stringe e lo guarda, seria.
Lui la trascina giù sulla sedia accanto a lui e afferra le sue braccia mentre la fissa intensamente negli occhi. Incontrando il suo sguardo, lei si sporge in avanti e lo bacia. Lui la tira verso di sé e si allunga per slacciarle il top. Lei si tira indietro. Si guardano e poi ricominciano a baciarsi, con più passione ora.
Scivolano sul pavimento e continuano a baciarsi, in uno stretto abbraccio. Si fermano e Arthur fissa Doreen negli occhi a lungo prima di ricominciare a baciarla.
Una dissolvenza ci riporta in fabbrica. Arthur si è tagliato e sta andando all’armadietto del primo soccorso. La macchina da presa si muove all'esterno: Jack sta per entrare nell'edificio dove Arthur si sta curando la ferita.
Entra e la luce dalla porta aperta cattura Arthur in pieno viso.
I due uomini sono faccia a faccia. Esitano per alcuni secondi, senza muoversi. Alla fine, Jack supera Arthur, cercando di evitarlo, ma senza successo.
"Cosa stai facendo da queste parti, allora?" lo interroga Arthur.
"Sto solo andando al reparto della pressa" – risponde Jack, sommessamente – "Lavoro di giorno ora". Poi inizia a camminare. Di nuovo, non riesce a chiudere la conversazione.
"Pensavo che fossi venuto a trovarmi", risponde Arthur.
"Non ce n'è bisogno, no?"
"Non c'è? Non avevi pensato che quei soldati mi avevano ucciso?
Jack esita, guardando in basso. "Non so di cosa tu stia parlando", dice e di nuovo inizia ad allontanarsi.
"Non pensavo che l'avresti fatto. È questo il tipo di individuo che sei, non è vero? Finché non vieni colpito in faccia, poi stridi come un maiale al macello".
Arthur ha finalmente provocato Jack, che si gira e accusa con rabbia Arthur: "Hai causato un sacco di problemi tra me e Brenda. Non puoi negarlo. Non era giusto".
"Non devi dirmi cosa è giusto e cosa no. Comunque, come sta Brenda?"
Jack si addolcisce. "Sta bene. Starà bene con me. Mi prenderò cura di lei". Poi avverte: "Tieni questo tra me e te, però. Se mai proverai a vederla di nuovo, avrai altri problemi con i soldati".
"Non sarà così facile per loro la prossima volta, che io sia da solo o no".
"Sei troppo un piantagrane, Arthur" – rimprovera Jack, quindi, più gentilmente, consiglia – "Dovresti prendere le cose come vengono e goderti la vita".
"Certo che mi godo la vita. Solo perché non sono come te, non pensare che io non lo faccia".
"Beh, ci vediamo", dice Jack, tornando ai sui modi miti, e se ne va.
Arthur attraversa la fabbrica disordinata e frenetica fino al suo banco da lavoro. Da lì una dissolvenza ci porta a un lago, la sua superficie immobile riflette i rami degli alberi spogli.
Arthur e Bert stanno pescando, incorniciati dalle sagome degli alberi spogli. Le loro bici sono sullo sfondo; sentiamo il dolce canto degli uccelli. Ma una torre elettrica ci fa sapere che questa è solo una breve fuga. Tuttavia, il riflesso degli uomini nell'acqua ci dà la sensazione che, per una volta, Arthur sia in pace.
Arthur, che non è uno che si sforza inutilmente, sta sistemando la sua canna da pesca in modo che non debba sedersi e tenerla. Bert canticchia la “Marcia Nuziale” e Arthur gli lancia addosso scherzosamente della terra per farlo smettere.
La splendida composizione di questa inquadratura – l'interazione di diagonali e verticali che attira l'occhio tra i due uomini – esemplifica la spettacolare cinematografia di Freddie Francis, che impeccabilmente e senza pretese mostra l'intrusione dell'industria in questo ambiente naturale. Mentre pescano, i cugini parlano della vita e dell'amore.
"Pensavo che tu fossi quello che non si sarebbe sposato fino a quando non saresti stato bello pronto".
"Non avevo ancora incontrato Doreen".
"Qual è la situazione con Brenda, allora?"
Appoggiandosi pensieroso a un albero, Arthur risponde: "Finita. Lei è una brava ragazza, però. Le ho dato molto da sopportare".
Fino ad ora hanno parlato senza guardarsi in faccia, ma adesso Bert si rivolge ad Arthur con la seguente domanda: "Com'è suo marito?"
"Un po' stupido. Ma non è un cattivo ragazzo".
"Ti ho detto di smetterla settimane fa. Non che tu abbia preso nota".
"Beh, ci si deve divertire".
"Bisogna anche tenere i piedi per terra".
Il momento contemplativo di Arthur termina bruscamente. Strappa un po' di legno dall'albero e risponde: "Non riesco a vederci molta utilità. Vedi la gente sistemarsi e, prima che loro sappiano dove sono, hanno tirato le cuoia".
"Non è del tutto così. Ci sono modi più semplici per ottenere le cose che prendersela tutto il tempo".
"Dici? Ho ancora un po' di combattività in me, non come la maggior parte delle persone".
"Ma dove ti porta tutto questo lottare?"
"Hai mai visto dove ti porta il non lottare, eh, come mia mamma e mio papà?"
"Cosa intendi? Hanno tutto quello che vogliono".
"Ah, hanno un televisore e un pacchetto di paglie, ma sono entrambi morti, dal collo in su. Non sto dicendo che sia colpa loro, attenzione. Ma hanno accettato il loro posto così che tutti i maledetti capoccia possano spingerli in giro come un branco di pecore". Arthur getta giù il legno con rabbia.
"Sei di umore strano, Arthur. Non ti ho mai visto così prima".
"C'è molto di più nella vita di quanto abbiano mia mamma e mio papà", dice, mentre Bert lo guarda, preoccupato.
All'improvviso Arthur grida: “Ehi, ne ho preso uno!" Raccoglie la canna da pesca e tira su felicemente il suo piccolo pesce mentre Bert lo guarda, sorridendo. Arthur è pieno di amarezza, ma non lascerà che la sua amarezza gli impedisca di godersi la vita.
La nostra storia si chiude su un campo che domina la città. La città si sta espandendo e qui in periferia le case sono più grandi e più distanti l’una dall’altra, per niente simili alle case a schiera della città. Almeno per ora, sono a pochi passi dall'erba e dall'aria aperta. Una coppia – ma non la nostra coppia – cammina, a braccetto, sulla terra incontaminata.
Arthur e Doreen sono fuori dallo schermo, ma li sentiamo parlare.
"È bello stare fuori", dice lui.
"È bello qui", concorda lei.
"È tranquillo, per una volta".
La macchina da presa fa uno zoom su di loro. Arthur è seduto, guarda verso la città. Doreen guarda dall'altra parte, distesa sui gomiti. Gira la testa per dire ad Arthur: "Ho chiesto alla mamma se possiamo vivere a casa. Ha detto che andrebbe bene".
"Fino a quando non avremo una nuova casa... Non mi dispiacerebbe vivere io stesso in una vecchia".
"A me sì. Ne voglio una nuova, con un bagno e tutto il resto". A quel punto, Arthur gira la testa per guardarla.
Si alza in piedi. "Io e Bert vagabondavamo per tutte queste colline quando eravamo bambini. Raccoglievamo le more. Qui non ci saranno più né more né un filo d'erba". Improvvisamente, lancia una pietra sul cartello che pubblicizza le nuove abitazioni. La pietra lo colpisce con un suono metallico.
"Perché l’hai fatto?" protesta Doreen.
"Non lo so. Ne avevo voglia, suppongo".
"Forse una di quelle case sarà per noi", dice lei annuendo nella direzione delle nuove case in lontananza.
"Lo so", riconosce lui.
"Non dovresti lanciare cose così".
Lui guarda in basso verso di lei. "Non sarà l'ultima che lancio", la informa – come se lei non lo sapesse.
Lei lo fissa severamente e non risponde. I due sembrano avere una sorta di accordo. Arthur sa che avrà delle responsabilità. Ma ancora non si adeguerà a ciò che gli altri si aspettano.
Continuano a fissarsi l'un l'altra per un momento, poi lui sorride e allunga la mano, "Dai, bambina. Andiamo giù".
La aiuta a mettersi in piedi e cominciano a camminare, separati all'inizio. Ma Arthur fa un piccolo saltello, come un ragazzino e, quando allunga la mano, lei la afferra.
Mentre camminano verso le nuove case, lo schermo sfuma a nero.
FINE PARTE V
This cineracconto just tells the story of Saturday Night and Sunday Morning in a simple way, to make it accessible to Italian language students. For a deeper understanding of the film and of the British New Wave, read this article by Richard Armstrong on the Kamera Film Salon website. And of course: see the movie!
VERTIGO A. Reflexive and non-reflexive verbs e Io ti salverò!
VERTIGO B. I verbi riflessivi e Io ti salverò!
VERTIGO C. Passivo con “venire” e Io ti salverò!
GLOSSARIO
abitazioni (e/i) – housing
si addolcisce (addolcirsi) – he softens
si adeguerà (adeguarsi) – he will conform
nell'aldilà – to kingdom come
allunga (allungare) – he reaches
ammonisce (ammonire) – she admonishes
un anello (o/i) – a ring
annuendo (annuire) – nodding
l’armadietto (o/i) del primo soccorso – the first aid cabinet
arrotolando (arrotolare) – rolling
asciugandosi (asciugarsi) – wiping himself off
il becco (o/i) – the trap (slang for mouth)
una bella somma – a pretty penny
il bollitore (e/i) – the tea kettle
a braccetto – arm in arm
un branco (co/chi) – a flock, herd
le briciole (a/e) – the crumbs
brulica (brulicare) – it hums
il bucato – the laundry
una camicetta (a/e) – a blouse
canticchia (canticchiare) – he hums
i capoccia (no change) – supervisors, low-level bosses
carbone (e/i) – coal
le case (a/e) a schiera – the row houses
il chiavistello (o/i) – the bolt
una cisterna (a/e) di benzina – a tank of gasoline, a gasworks
una collana (a/e) – a necklace
un colpetto (o/i) – a pat
colpisce (colpire) – it hits
combattività – fighting spirit
consegnati (consegnare) – delivered (past participle)
una distesa (a/e) – a sprawl
esitano (esitare) – they hesitate, pause
fa (fare) notare – she points out
facciamo (fare) finta – we pretend
la farsa (a/e) – the charade
ferita (ferire) – wound (past participle as adjective)
un filo (o/i) d'erba – a blade of grass
la foschia – the haze
fuligginoso (o/a/i/e) – sooty
‘già che ci sei’ (esserci) – ‘while you’re at it’
giù di morale – down in the dumps
i gomiti (o/i) – the elbows
la guancia (ia/e) – the cheek
la guarigione (e/i) – the recovery
impilati (impilare) – stacked (past participle as adjective)
incontaminata (o/a/i/e) – undeveloped
l'indice (e/i) – the forefinger
infilandole (infilare) – tucking them (in)
investito (investire) – knocked down (past participle)
lamentarmi (lamentarsi) – I grumble, complain
un maiale (e/i) al macello – a stuck pig
una manciata (a/e) – a scattering
miti (e/i) – mild
le more (a/e) – the blackberries
con noncuranza – casually
paglie (ia/ie) – fags (slang for cigarettes)
se la passeranno (passarsela) liscia – they will find it easy
‘per chi mi hai presa?’ (prendere) – ‘what do you take me for?’
percorre (percorrere) – he traverses, walks, goes/comes along
periferia (a/e) – outskirts
persino – even
il petto (o/i) – the chest
un piantagrane (no change) – a trouble-maker
picchietta (picchiettare) – he flicks
si piega (piegarsi) – she bends
una pietra (a/e) – a stone
prendendole (prendere) la mano (o/i) – taking her hand
prendersela – to take it out on someone
pretese (a/e) – pretense
primo piano – close-up
i pugni (o/i) serrati (serrare) – the fists clenched (past participle as adjective)
un puntello (o/i) di miniera – a mine prop (a piece of wood)
raccoglievamo (raccogliere) – we gathered
radioso (o/a/i/e) – radiant
rassicura (rassicurare) – she reassures
il reparto (o/i) della pressa – the press shop
un rifiuto (o/i) – a piece of rubbish, garbage
rivolte (rivolgere) – turned, aimed (past participle as adjective)
le sagome (a/e) – the silhouettes
un saltello (o/i) – a skip
sbuffa (sbuffare) – it chugs
scocciatore (e/i) – annoying
una scommessa (a/e) – a bet
scuotendo (scuotere) – shaking (one’s head)
si sdraia (sdraiarsi) – he lies down
si sforza (sforzarsi) – he exerts himself
sgombrare – to clear
sgualcito (sgualcire) – rumpled (past participle as adjective)
slacciarle (slacciare) – to unfasten
sollievo – relief
sommessamente – mildly
soprattutto – best of all
sorda (o/a/i/e) – deaf
un sospiro (o/i) – a sigh
sostenere – to prop up, support
spacciato (spacciare) – (a) goner (past participle as adjective)
spensierato (o/a/i/e) – carefree
avrei stesi (stendere) – I would have flattened, laid out (someone in a fight) (past participle)
stracci (io/i) – rags
strappa (strappare) – he tears
stridi (stridere) – you squeal
stringe (stringere) – she takes, grasps
strizza (strizzare) – he squints
sussurra (sussurrare) – he whispers
un tale stato – a state, condition
si tira (tirarsi) su a sedere – he sits up
‘hanno tirato (tirare) le cuoia’ – ‘they kicked the bucket’
il tiro (o/i) – the trick
un treno (o/i) merci – a freight train