Regia: Luciano Emmer (1961)
Ad Amsterdam, più tardi quella sera, una barca sbuffa sul canale. Avvicinandosi dall'altra direzione, vediamo Helse che guida la sua decappottabile, fari accesi, una sciarpa in testa per tenere i capelli al loro posto. “Ciao, Helse!” urla qualcuno e lei ricambia.
Passa accanto ad alcuni ragazzi che pescano una bicicletta dal canale. Lì vicino, altri siedono sulla sporgenza, con le gambe a penzoloni. Sulla strada di Helse ci sono alcune ragazze che ballano; una bici è appoggiata a una ringhiera. E, naturalmente, gli uomini passeggiano in giacca e cravatta, in cerca di donne. Helse è tornata alla sua vita normale dopo due giorni di dramma. Beh, ha qualcosa in più con sé: la valigia di Vincenzo.
Entra nel suo parcheggio, la valigia è sul sedile accanto a lei. Qualcuno l'aspettava: Harry si avvicina alla macchina. Appoggia la mano sul parabrezza, incombendo su di lei. Helse scende dall'auto con la borsa in mano, per affrontarlo.
"Da dove vieni?" chiede bruscamente in olandese.
"Wijk aan Zee", risponde lei. (Questo in realtà non è affatto dove è stata lei.)
"E cosa c'è in quella valigia?" chiede indicandola.
"Niente!"
"Controllerò, se me lo permetti," mormora sarcasticamente tirando la valigia fuori dall'auto e aprendola. Vediamo che indossa un anello nuziale.
Helse osserva impotente mentre lui estrae una scarpa e la solleva. "E di chi è questa?"
Lei prende la scarpa e la getta con rabbia nella valigia, chiudendola sbattendo. "Questa è la mia roba".
"Le tue cose sono anche le mie cose", risponde lui, indicandosi il petto.
Helse cerca di prendere la valigia ma lui la afferra e la getta a terra, gli occhi fissi su quelli di lei.
Lui inizia a colpirla e lei alza il braccio per proteggersi il viso. Una folla inizia a raccogliersi.
Lui le grida: “I tuoi affari sono anche affari miei. Capito? Prendi! Ti faccio saltare il naso dal viso!" Lui le ha afferrato una mano in modo che non possa scappare.
Un uomo dalla folla interviene e cerca di allontanare Harry da Helse. Ma Harry lo spinge via urlando: "Lasciami!"
Harry afferra Helse ancora una volta, e urla: "Sporca puttana!" La folla sta guardando questo spettacolo senza interferire. Molti sembrano inorriditi, o almeno disapprovano, sebbene un gruppo di giovani ragazzi si stia godendo la lotta. In ogni caso, sembra chiaro che gli spettatori considerino Helse come proprietà dell'uomo.
Anche dopo che due poliziotti hanno afferrato Harry e lo hanno portato via da Helse, lui continua a urlare: “Sporca puttana! Maledetta sporca puttana!”
Di nuovo nella sua stanza, Helse è in piedi davanti allo specchio, indossa ancora il top della sera prima, nero con un bordo smerlato. Con cautela, si tocca la mascella dolorante, quindi applica il rossetto. Si guarda per un momento prima di tamponare il rossetto con un fazzoletto.
Va nella stanza principale e accende la luce.
Prende la valigia di Vincenzo da accanto alla sua sedia e la lascia cadere pesantemente vicino alla porta. La osserva con aria colpevole per un momento. Ma ha bisogno di mettersi al lavoro.
Sprimaccia alcuni cuscini e li mette sulla sua sedia. Prende lo specchietto e si sistema i capelli, che sono fissati su un lato da un fermacapelli.
Apre le tende, si siede e si accende una sigaretta, mettendosi a lavoro per vendere sé stessa. Un uomo si avvicina alla finestra, si ferma e la guarda.
L’uomo se ne va e la macchina da presa zooma su Helse, che sta sulla sedia fumando e aspettando, apparentemente impassibile.
Lancia un'occhiata alla valigia, poi su verso la torre dell'orologio mentre le campane iniziano a suonare. Sono le dieci e trentacinque. Il treno per l'Italia parte alle undici.
Lei abbassa lo sguardo per un momento, con un'espressione pensierosa, e poi guarda di nuovo l'orologio. Alla fine prende la sua decisione: spegne la sigaretta, si alza e si mette il cappotto. Prendendo la valigia, spegne la luce ed esce dalla porta.
Esce e se ne va in macchina. In pochi istanti appare Vincenzo, che passa davanti a una donna coi tacchi alti e una gonna a pois. Lui sbircia nella vetrina di Helse, attraverso le tende semiaperte. Ma la stanza è buia; lei non è lì.
Lui cerca di entrare, ma è chiuso a chiave. Batte leggermente sul vetro con il palmo aperto. La donna con la gonna a pois si avvicina, i suoi orecchini con i lustrini ondeggiano. "Stai cercando Helse?" chiede in olandese.
"Sì".
"Helse non qui. Partita”, dice in un Italiano rudimentale. Poi si gira e fa gesti nella direzione in cui Helse è andata.
"Partita?"
“Sì”. Quindi, per quanto possa essere amichevole, si mette al lavoro. "Vieni con me, dieci fiorini".
"No, grazie, un'altra volta", risponde lui educatamente.
L'orologio suona e lui lo guarda contemplando cosa fare adesso. Guarda di nuovo attraverso la vetrina dietro le sue spalle.
Helse è alla stazione ferroviaria con la valigia di Vincenzo. Il suo cappotto è stretto in vita, la borsa sul braccio. Cammina svelta sul binario, scrutando intorno alla ricerca di Vincenzo.
Praticamente ripercorrendo i passi di Vincenzo della sera prima, Helse si gira e scende le scale.
Oltrepassa il punto in cui Vincenzo ha parlato con Alberto Santandrea, l'uomo con i giocattoli a molla.
Quando gira l'angolo in fondo alle scale vede Vincenzo che corre nella stazione. Alla vista di Helse lui rallenta e le si avvicina.
Lei gli porge la valigia; la sua mano copre quella di lei mentre lui la raggiunge per prenderla.
"Ecco la valigia dimenticata", dice dolcemente. Sembra che abbia riscoperto i suoi teneri sentimenti per lui.
"Grazie", risponde lui, altrettanto dolcemente, come se avesse soppesato ogni parola. Prende la valigia e la mette a terra.
Si guardano l'un l'altra nel trambusto della stazione, circondati da pubblicità di bevande gassate, dalle insegne illuminate della caffetteria, dai viaggiatori che passano di corsa.
"Io ero venuto a cercarti ma tu.. non c’eri... anche perché devo darti..." Si infila una mano nella tasca della giacca ed estrae la busta che contiene i suoi soldi.
"Io non ho chiesto denaro", scatta lei rabbiosamente e se ne va.
“Ehi, Helse, ascolta!” La insegue e le prende il braccio. Lei si gira verso di lui. Lui continua: "Non volevo offenderti. Credevo che eravamo d’accordo... con il mio amico..."
"Oh, il tuo amico!"
Da un altoparlante sentiamo che il treno per l'Italia sta per partire.
"Tu vai" – dice – "Perdi il treno, vai".
Lui esita, a disagio. Alla fine, indicandola con il dito, dice: “Allora... grazie. Come si dice? Dank je! ”
Lei non sembra soddisfatta di questo. "Perché dank je?"
"Perché sei stata gentile con me". Comincia ad accarezzarle i capelli. "Un giorno, se vinco la lotteria, ti vengo a trovare fino a qui. Capito?"
“Dammi un bacio", gli dice in olandese. Lui non è sicuro di cosa stia davvero chiedendo. La guarda negli occhi incerto, poi in basso, poi altrove. Non sa cosa fare. Non sa cosa vuole lei – o cosa vuole lui stesso.
"Niente baci?" chiede lei, facendo eco a una battuta della prima volta insieme quando lei ha rifiutato di baciarlo come cliente.
All'improvviso si avvicina a lui e preme le labbra contro le sue, poi lo spinge via e corre verso l'uscita della stazione.
Quando lui chiama il suo nome, lei si gira di nuovo per affrontarlo. Lui la raggiunge proprio mentre stanno annunciando di nuovo il suo treno. Lei allunga la mano e gli tocca il braccio: "Perdi il treno! Vai! Vai!” Poi lei si gira e corre fuori dalla stazione.
La macchina da presa zooma sulla faccia di Vincenzo mentre lui guarda in basso, pensando profondamente. Sempre in primo piano, si gira e guarda la porta da cui Helse è corsa fuori.
Un rapido taglio ci porta alla miniera di carbone, dove un motore a vapore sibilante sta soffiando fumo. Uomini con le facce annerite si allontanano dalla miniera, le lampade da testa accese nel buio della notte. Turno finito, sono diretti verso i bagni.
Uno dice al caposquadra: "Adesso l'acqua entra anche nella sessantaquattro".
"Domattina calanole pompe", risponde.
Il caposquadra prende una bottiglia di latte e la beve assetato. Il bianco del latte è in netto contrasto con i toni scuri del carbone che riempiono la scena.
Degli uomini stanno arrivando per iniziare il loro turno, tra loro Federico. Il caposquadra lo chiama e dice:
"Alla fossa sessantaquattro stamattina ha cominciato una brutta infiltrazione d'acqua".
"Lo so", annuisce Federico.
"Attento che la pompa funziona male!" urla. Federico si allontana con un'espressione sfinita.
Gli uomini si dirigono nella miniera, portando pale e altri attrezzi. Prendono in giro Federico per il suo fine settimana via.
Federico sta aspettando la gabbia. Mentre il mezzo di trasporto a due livelli si alza per far entrare il suo gruppo, qualcosa attira il suo sguardo al livello superiore. È Vincenzo: invece di andare in Italia, è tornato nella miniera. I due non si sono separati in buoni rapporti e ora non si salutano.
Federico entra nella gabbia. In primo piano, vediamo Vincenzo che guarda in basso, cupo.
La gabbia fa la sua rapida discesa con un lungo stridio.
Federico tira fuori un panino e inizia a mangiare. Proprio come il latte del caposquadra, il bianco del pane attira l'occhio nell’immagine scura. Un minatore inizia a cantare “Scapricciatiello”, una canzone popolare napoletana.
Tu per la bionda sei troppo onesto
Quella lì è nata per l'uomo disonesto
Allontanati da questa seduttrice
Perchè ti perdi, figlio di mamma
Un livello sopra, qualcuno interrompe il sogno a occhi aperti di Vincenzo: "Oh! La prossima volta che vai ad Amsterdam, perché non rimorchi una di quelle e la porti qua?”
Tutti ridono, incluso Vincenzo. "Sì", risponde bonariamente.
La macchina da presa ci mostra Federico, un po' cupo, sta ancora masticando il suo panino. Poi ritorna su Vincenzo, di nuovo pensieroso.
In fondo alla fossa, gli uomini escono dalla gabbia. Ancora una volta, la procedura di sicurezza: viene detto loro di rinunciare alle sigarette.
Camminando verso il filone, Federico spezza un pezzo del suo panino e lo dà ad alcuni ratti.
Ormai Vincenzo ha lasciato la gabbia. Cammina dietro Federico, che sta ancora dando da mangiare ai ratti.
Notando cosa sta facendo Federico, Vincenzo ride. Quando riprende a camminare, Federico si unisce a lui dicendo: “Non mi dirai mica che anche questa volta hai perso il treno!”
“No, vedi, questa volta è stato per il fatto della valigia!”
Con una risata cordiale, Federico dà una pacca sulla spalla a Vincenzo.
“Chiamala valigia, vacca bestia! Sai come la chiamano al mio paese? La brugna!" risponde Federico, usando il termine dialettale lombardo.
Entrambi ridono fragorosamente per questo; Vincenzo non si offende per niente. Federico raccoglie un pezzo di legno e lo lancia a Vincenzo, che schiva e ride.
Continuano a camminare lungo la galleria, ridendo e scherzando. I carrelli di metallo sferragliano accanto a loro. Entro la fine della giornata, i carrelli saranno riempiti con il carbone che gli uomini avranno tagliato, con grande rischio, facendosi strada in con determinazione verso un altro fine settimana di libertà.
FINE PARTE VII
This photo-story just tells the story of La ragazza in vetrina in a simple way to make it accessible to Italian language students. For more information about the film, please see these interesting pieces from the Cineteca di Bologna, which includes some notes by Rodolfo Sonego about how he came to write the story of the film and an excerpt from an interview with Marina Vlady, who plays Helse. And of course, if you can: see the film!
GLOSSARIO
un altoparlante (e/i) – a loudspeaker
altrettanto – equally, just as much
assetato (assetare) – thirsty (past participle as adjective)
attrezzi (o/i) – tools
bevande (a/e) gassate – soda, carbonated beverages
la brugna (a/e) – pussy (sexual connotation)
calano (calare) – they (will) bring down
cautela (a/e) – caution
chiuso (chiudere) a chiave – locked (past participle as adjective)
colpevole (e/i) – guilty
la decappottabile (e/i) – convertible
disagio (io/i) – discomfort
dolcemente – softly
educatamente – politely
fari (o/i) – headlights
un fazzoletto (o/i) – a tissue
impotente (e/i) – helpless
incombendo (incombere) – looming over
si infila (infilarsi) – he reaches into
lancia (lanciare) un'occhiata (a/e) – she glances
la mascella (a/e) – the jaw
mettersi al lavoro – to get to work
netto (o/a/i/e) – stark, sharp
il parabrezza (no change) – the windshield
a penzoloni – dangling
a pois – polka dot
le pompe (a/e) – the pumps
porge (porgere) – she hands [something to someone]
prendi! (i/ete) – take that!
prendono (prendere) in giro – they tease
primo piano – close-up
rallenta (rallentare) – he slows down
rimorchi (rimorchiare) – you pick up
ripercorrendo (ripercorrere) – retracing
il rossetto (o/i) – the lipstick
sbuffa (sbuffare) – it chugs
scatta (scattare) – she snaps, says sharply
scrutando (scrutare) –looking, scanning
sferragliano (sferragliare) – they clatter
sfinita (sfinire) – weary (past participle as adjective)
sibilante (sibilare) – whistling (present participle as adjective)
il sogno (o/i) a occhi aperti – reverie, daydream
avesse soppesato (soppesare) – he had weighed (congiuntivo)
la sporgenza (a/e) – the ledge
sprimaccia (sprimacciare) – she fluffs
uno stridio (io/ii) – a screech
tamponare – to blot
teneri (o/a/i/e) – tender
il trambusto (o/i) – the bustle
vengo a trovare – I’ll come to visit
vita (a/e) – waist