Regia: Roberto Rossellini, 1945
Don Pietro e Marcello lasciano la chiesa e si dirigono verso l'appartamento di Pina. Mentre camminano, parlano.
Don Pietro chiede: "Com'è che non ti si vede più all'oratorio?”
"Come si fa in questi momenti a venire a perdere tempo all'oratorio?"
Il prete è scioccato. "Ma cosa stai dicendo?!"
"Lei è un prete e non può capire… Bisogna stringere un blocco compatto contro il comune nemico!''
"Ma dì un po’... chi te le dice queste cose?"
I due si fermano un attimo e si trovano faccia a faccia. "Me le ha dette Romoletto", risponde onestamente, guardando dal basso verso l’alto il prete con un'espressione seria.
"Ah, Romoletto dice queste cose?"
"Don Pie’, mi raccomando, non lo dica a nessuno!”
Si avvicina il sacrestano della rivolta del pane. La sua coperta è ancora avvolta intorno a lui – e con ragione. Marcello grida: "Ecco Purgatorio!” – apparentemente il soprannome dell'uomo.
"Che hai qua?" chiede il prete, alzando la coperta per dare un'occhiata.
"Ho fatto spesa", dice il sacrestano. Una grande quantità di pane esce dalla cima della sua borsa.
"Ammazzate! Quanti sfilatini! Che è? Tutta la tessera?” chiede Marcello, mentre don Pietro guarda con sospetto.
"Neanche un bollino!”
"Come mai tanto pane?" chiede il prete.
"Non lo so. Stamattina hanno voluto festeggiare –”
Il prete lo interrompe – “Cosa?” – e lo guarda fisso.
“Non so che festa era… manco il fornaio lo sapeva. Mi scusi, Don Pie’, io vado”.
Mentre se ne va, Marcello chiede innocentemente: "Ma che sarà questa festa?”
"Non capisco", risponde il prete, e comincia a camminare.
"Speriamo che mia madre lo abbia saputo!” commenta il bambino.
Torniamo a casa di Francesco. Pina appare con il caffè per Manfredi che ha preparato nel suo appartamento. In una mano, protetta dal suo maglione, ha la caffettiera calda; nell'altra una tazzina e un piattino.
"Ecco qua" – dice con un sorriso. "Non sarà buono ma almeno è caldo. Lo beva subito!”
Gli versa il caffè e mette la tazzina sul tavolo.
Ringraziandola, Manfredi dice: "Francesco mi ha detto che vi sposate!”
"Si, un matrimonio un po’ in ritardo, capirà, in queste condizioni...", dice, facendo scorrere le mani sulla pancia. "Ma l’avevamo fissato da tanto tempo, poi per una ragione o per l'altra abbiamo sempre dovuto rimandare. Ma adesso è fissato!”
"E per quando?"
"Domani", dice, con un’espressione contenta.
“Allora dovrò farvi il regalo!”
“Per l’amor di Dio!” esclama, mettendo la mano su quella di lui. Si siede e appoggia entrambe le braccia sul tavolo. “Questo è un matrimonio di guerra” – spiega – “Andiamo un momento da Don Pietro e facciamo subito”.
“Vi sposate in chiesa?” dice, con un leggero cipiglio.
“Sì. Francesco non voleva veramente, ma io gli ho detto… ‘È meglio che ci sposi Don Pietro che almeno è uno dei nostri… Piuttosto che andarci a far sposare al governatorato da un fascista, le pare?’” Lei gli dà uno sguardo consapevole.
Lui annuisce. “In un certo senso, è giusto”.
“Sì, la verità... è che io ci credo in Dio”. Guarda giù verso il tavolo, leggermente imbarazzata dalla confessione.
Manfredi cambia discorso. “E lei cosa fa adesso? Lavora?”
Lavoravo allo spolettificio Breda. Ma ci hanno cacciati via”. – Alza le spalle e scuote la testa – “I tedeschi si portano via tutto”.
*In effetti, i tedeschi hanno letteralmente spogliato le fabbriche dei loro macchinari, che poi hanno trasportato in Germania e in altri paesi occupati. La fabbricazione di spolette, cheservono a far esplodere bombe, bombe a mano e altri ordigni esplosivi, aveva un evidente valore in tempo di guerra.
Quando suona il campanello, Pina si spaventa per un attimo, ma capisce: "Dev'essere Don Pietro". Si alza in piedi e va alla porta; anche Manfredi si alza in piedi e guarda verso la porta con un'espressione seria sulla faccia.
Il sacerdote entra, tenendo il cappello in mano. Manfredi gli stringe la mano.
“Buon giorno, Don Pietro”.
“Buon giorno”.
Fanno una pausa e Pina dice: “Scusate, io vado di là”.
Quando se n'è andata, Manfredi dice: “Grazie di essere venuto”.
“Non c’è di che”.
Fuori dall'appartamento, Pina trova Marcello con l'orecchio alla porta. “Che stai a fare lì, ragazzino?” chiede.
“Chi c'è li?”
“Chi dovrebbe esserci!? Vai a prendere l'acqua. Sbrigati! Cammina!” Cammina con lui verso il loro appartamento, spingendolo dalla nuca, più o meno come aveva fatto Don Pietro poco prima.
Marcello inizia a scendere le scale ma, appena la madre è entrata in casa e ha chiuso la porta, lui si gira e torna su in punta di piedi, seguito dall'enorme ombra che getta sul muro.
Sale le scale verso il tetto, fermandosi a metà strada per dare un fischio in codice. In cima, Romoletto aspetta sulla porta, appoggiato alle sue stampelle.
“Ti devo parlare”, dice Marcello.
“Entra!”
Marcello entra e chiude la porta dietro di sé.
Nell'appartamento di Francesco, Don Pietro si siede, sguardo abbassato, occhiali in mano, mentre Manfredi sta in piedi davanti a lui, parlando velocemente. “Sono più di 500 sulle montagne sopra Tagliacozzo, una banda di ragazzi in gamba. Non si può abbandonarli”. Il prete ascolta attentamente. “L'appuntamento è fissato per questa sera alla sei al ponte Tiburtino. Verrà uno di loro. È meglio che io non ci vada perché ormai... io sono stato segnalato e poi il coprifuoco è stato spostato alle cinque”.*
“Già”.
*Il coprifuoco non si applicava ai sacerdoti, ai dipendenti di tipografie o al personale medico.
Don Pietro si alza. “Andrò io”.
“Ne ero sicuro”.
“Il messaggio qual è?”
“Nessun messaggio. Si tratta di una somma da parte della giunta militare”.
“Ahhhh…” Don Pietro guarda in basso.
“Ho chiesto troppo?’
“No”. Il prete scuote la testa, guardando ancora in basso, come se considerasse la gravità della situazione.
“No, per coloro che si sacrificano, è anche troppo poco…”
Quindi Don Pietro guarda Manfredi. “E come potrò riconoscerlo?”
“Si fermerà sul ponte e fischierà con la canzone ‘Mattinata Fiorentina’”. Don Pietro non reagisce.
“Già ma lei non la conosce!” sorride Manfredi.
“Non so. Quale?”
“Quella che fa...” Manfredi comincia a fischiettare la melodia ma, prima di aver dato qualche nota, il prete si unisce a lui.
“Già, naturale, la cantano tutti”, commenta con un sorriso.
E così questa scena si chiude con i due uomini in perfetta armonia: il sacerdote cattolico e il comunista devoto, nonostante le loro differenze, allineati per liberare il Paese che entrambi amano.
FINE PARTE V
Here is Parte VI of this cineracconto. Subscribe to receive a weekly email newsletter with links to all our new posts as well as additional information about the film.
GLOSSARIO
alzando (alzare) – lifting
ammazzate! – wow!
è avvolta (avvolgere) – it is wrapped (past participle)
un bollino (o/i) – a coupon
ci hanno cacciati via (cacciare) – they threw us out, kicked us out
un cipiglio (glio/gli) – a frown
considerasse (considerare) – considering (congiuntivo)
il coprifuoco (co/chi) – the curfew
si dirigono (dirigersi) verso – they head for
un fischio (chio/chi) – a whistle
avevamo fissato (fissare) – we set [something] (past participle)
in gamba – skilled, able
getta (gettare) – it throws
il governatorato (o/i) – the City Hall
il maglione (e/i) – the sweater
la nuca (ca/che) – the nape of the neck
l'oratorio (io/i) – the church
ordigni (o/i) – devices
la pancia (cia/ce) – the belly
punta di piedi – tip toe
rimandare - to postpone
i sacerdoti (e/i) – the priests
scorrere - to run
una somma (a/e) – money
il soprannome (e/i) – the nickname
lo spolettificio (cio/ci) – the fuse factory
le stampelle (a/e) – the crutches
stringere un blocco (co/chi) compatto (o/i) – to close ranks
la tessera (a/e) – the bread ration card
versa (versare) – she pours