Regia: Luchino Visconti (1960)
CIRO Puntata 1
È una festa: i giovani ballano e cantano per la strada. I bambini sono in costume di carnevale.
Una giovane donna dice: "Ciro, aspetta un momento! È arrivato mio padre". È Franca, la ragazza di Ciro.
Lui la prende per le mani e la trascina verso un chiosco di giornali, dicendo: "Vieni".
"No!" esclama lei mentre i bambini lanciano coriandoli su di loro.
"Vieni! Devo dirti una cosa. Solo un minuto".
È una bella ragazza bionda. "Che cosa?" chiede lei, sorridendogli. Lui le sta molto vicino, con una maschera di carnevale messa sopra la testa. Entrambi hanno coriandoli sulle spalle.
Lui le chiede: "Dimmi, mi vuoi bene?"
"Sì", lei annuisce, sorridendo.
"Dammi un bacio".
Lei guarda a sinistra e a destra, un po' scioccata. "Ma Ciro, qui?"
"Perché no?" Lui alza le spalle e le dà un piccolo bacio casto. Poi si rimette la maschera.
Lei ride, gli toglie la maschera e si appoggia a lui per un bacio più lungo. Le ragazze moderne di Milano!
Si avvicinano a un uomo in una fedora, che sta aspettando accanto a un piccolo camion.
"Ciao, papà" – dice Franca – "Ci siamo divertiti proprio tanto!"
Gli uomini si stringono la mano e il padre di Franca chiede se Ciro andrà a casa loro la sera successiva.
"Che stupida! Ciro, senti, papà chiede se vieni domani sera a casa nostra perché ti vuole parlare". Aggiunge felice: "Vuole sapere se abbiamo intenzioni serie".
"Se vuoi, glielo dico subito".
"No" – risponde suo padre – "Lascia stare, ne parliamo domani. Gli diamo almeno una possibilità di fuga, no?" dice bonariamente. Offre di nuovo la mano a Ciro e termina lo scambio con una leggera pacca sulla guancia.
Ciro si allontana, un pompon esce dalla sua tasca. Franca chiama: "Ciro!" e corre a raggiungerlo. "Non tornerai a ballare?"
"No".
"Vai subito a casa" – lo istruisce – "Ballare senza di me: mai!"
Si salutano con un bacio sulla guancia.
Vediamo Ciro in una strada deserta, piena di detriti. In un edificio sullo sfondo notiamo alcune finestre rotte. Ciro entra nel suo palazzo.
Entra nell'appartamento, fischiettando, spensierato. Ma quando alza lo sguardo si interrompe: in cucina vede Nadia, seduta al tavolo, che fuma. Vicino, Luca è appoggiato a un armadietto.
"Buonasera", dice lei.
"Buonasera".
Mescolando qualcosa sul fornello, lei chiede conferma: "Tu sei il numero quattro, eh? Ci siamo già conosciuti. Ti ricordi?"
Luca spiega: "È la fidanzata di Simone. Pure Simone è tornato, è là".
Dall'altra stanza arriva l'angosciato grido di Rosaria: "Ciro! Vieni qui un minuto!"
"Sì, mamma, vengo".
Ciro va da sua madre. Ha ancora coriandoli tra i capelli.
Sulla cassettiera c’è un piccolo altare dedicato a San Rocco, che deve essere il santo patrono del paese natale dei Parondi: c’è una statuina e dei piccoli mazzi di fiori per mantenere vivo lo spirito del santo. Le candele votive accese suggeriscono che Rosaria ha pregato San Rocco.
Sua madre lo saluta con voce tremante. "Ciro, figlio mio..." Dondola avanti e indietro, gemendo.
"Non preoccuparti, mamma. Domani vediamo quello che possiamo fare".
"Domani? Domani sarà la stessa cosa!"
Mentre cammina avanti e indietro per la stanza, vediamo una toletta con uno specchio alto, una macchina da cucire, vestiti appesi a un piccolo appendiabiti. Ha affisso due delle sue immagini religiose su una parete. La stanza è pulita e luminosa ma manca di calore.
Rosaria illustra la sua posizione con gesti espressivi, imploranti, angosciati: "Dimmi: è colpa mia se succede tutto questo? È colpa mia se ho voluto portare i miei figli grandi, forti e belli in città perché si arricchissero e non si dannassero su quella terra ingrata come il loro padre che è morto mille volte prima di chiudere gli occhi per sempre?"
"Non hai niente da rimproverarti, mamma, niente".
"Tuo padre non è riuscito a lasciare quella terra. Ma durante i venticinque anni trascorsi insieme, non ho pensato ad altro che andarmene, partire, partire, partire".
"L’ho voluto per Vincenzo, Simone, Rocco e per te. Per voi tutti. Niente era bello lì. Il mondo intero mi sembrava piccolo. Qui a un certo punto mi sono sentita come se potessi toccare il cielo. La gente per la strada mi chiamava signora" – dice, premendosi la mano contro il petto – "Immagina! Signora! A me! Signora in una grande città come questa qua. Grazie ai miei figli".
"Ma ora non so che succede. Rocco se n’è andato di casa. E sembra vittima di una maledizione. E Simone si è messo con una puttana!" Si mette il viso tra le mani.
In cucina, Nadia si è messa comoda. Ha preparato una sorta di mistura per i postumi della sbronza di Simone. Invita Luca ad assaggiarla, ma lui rifiuta disgustato.
Nella camera da letto, Rosaria singhiozza. Ciro la abbraccia. "Non piangere. Ora cerco io di fare qualcosa" – dice – "Lascia fare a me, mamma".
Spazzolando via gli ultimi coriandoli dalle sue spalle, cammina lungo il corridoio verso la stanza di Simone. Rimane fuori dalla porta, composto, la sua postura perfetta. Poi, mentre Luca sbircia dalla cucina, apre la porta e annuncia: "Devo parlare un momento con mio fratello".
Dopo che Ciro è entrato e ha chiuso la porta, Luca si accuccia fuori, con l'orecchio premuto contro di essa.
Nella prima occhiata alla stanza di Simone, il primo piano è occupato dalle calze di nylon, dal reggiseno e dalla camicetta di Nadia, appesi a un filo ad asciugare. In piedi nella parte posteriore dell’inquadratura, Ciro dice a Simone, ancora fuori campo: "Sei un incosciente. Almeno mostra un po' di rispetto per nostra madre".
La macchina da presa fa una panoramica fino al letto, dove siedono Simone e Nadia, come figure in ombra. Simone sta bevendo la sua mistura per la sbronza, mentre Nadia si mette lo smalto alle unghie. Le sue lunghe gambe sono incrociate lascamente.
Simone risponde: "Credi che voglia ascoltare la tua predica? Questa è pure casa mia. E ci porto chi voglio".
Si sporge e passa la mano lungo la gamba di Nadia, dicendo: "All'albergo ho già un debito di 60.000 lire. Vuoi pagarlo tu?" Nadia si soffia sulle unghie e le agita disinvoltamente in aria per asciugarle. "E poi: qui c'è posto. Rocco dorme da Vincenzo. Così ho pensato che c’era un letto libero. Non ti va? Lasciami in pace, eh?”
Ciro si avvicina a suo fratello, in un'inquadratura il cui bordo sinistro è definito da una calza penzolante. Dice: "Ne parliamo domani".
"No, ne parliamo quando mi pare e piace. Hai capito?"
Nadia ha ascoltato musica classica per tutto il tempo, tenendo la sua radio a transistor all’orecchio. Ora interviene: "Io non sono responsabile di questa situazione". È vestita come la prima volta che l'abbiamo incontrata: in modo sfacciato, con un vestito scollato e scintillante. "Di tutti noi chi fa il peggior affare sono proprio io", continua, alzandosi e controllando una calza per vedere se è asciutta. "Che sia chiaro, eh?"
Ciro sta a piedi rigido nel suo vestito. Simone sembra una figura curva e raggrinzita. Appesi alle pareti vediamo i vestiti di Nadia. La sua borsetta luccica. I mucchi in disordine delle cose di Nadia sono dappertutto nella stanza.
Ciro e Rocco sono nel parco. Sullo sfondo, uomini si allenano tra alberi spogli.
Ciro dice: "Pensa a nostra madre che tutte le mattine deve anche rifare il letto di quella".
"Lo so, lo so", risponde Rocco, che sta appoggiato a una ringhiera, con un asciugamano avvolto intorno al collo. "Io ne ho più vergogna di te".
La pazienza di Ciro con Simone è finita: “Un seme andato a male deve essere scartato. Proprio come quando mamma ci fa pulire le lenticchie". Scuote il dito verso Rocco. "E pensa anche al pericolo che corre Luca!"
Contro ogni previsione, Rocco non può perdere la fede o la speranza. Difende suo fratello: "Simone non è cambiato. È solo demoralizzato. Il suo orgoglio è stato ferito. Lasciami provare ancora. So cosa posso fare".
Mentre una musica tetra inizia a suonare, continua: "Cerri è molto interessato a me. Sa che lo posso lasciare da un giorno all'altro. Gli dirò che combatterò per lui solo se combatterà pure Simone".
Rocco dice: "Pensa se non avessimo mai lasciato casa. Ma sembra che questo era il nostro destino... il tuo, il mio e quello di Simone".
"Ma pensi alla vita che avremmo avuto se fossimo rimasti là?"
"Ma saremmo ancora tutti insieme".
Improvvisamente il suo allenatore urla: “Rocco! Andiamo a lavorare!”
“Sì, vengo”.
“Muoversi! Muoversi!” urla l’allenatore ad altri pugili, fuori nel parco per il loro allenamento.
Mentre i fratelli si separano, vediamo il retro della giacca di Rocco, con il nome della sua squadra: Aurora.
"Rocco" – dice Ciro – "Non riuscirò mai a capirti".
È notte. La luce proveniente dall’ingresso di un teatro inonda la strada. Una sequenza di luci al neon decora l’insegna. Sentiamo musica malinconica.
Simone è con Luca dall'altra parte della strada. “Vedi il signore nella macchina? Digli che lo aspetto in quel bar. Corri!”
Luca si affretta a riferire il messaggio.
Simone entra nel bar e ordina un cognac. Poco dopo, Duilio, il manager, entra, serio, vestito di tutto punto come sempre. È incorniciato dal riflesso delle luci al neon. In effetti, il set è puro vetro qui, le enormi finestre del bar, la porta. Possiamo vedere attraverso tutto e i riflessi sono ovunque.
Fuori, Luca, con cappotto invernale e guanti, sta sbirciando.
Simone è seduto al banco. Mentre Duilio si avvicina a lui, tracanna la sua bevanda.
"Allora non si combatte stasera?" – chiede Duilio – "Fifa, eh?"
"Mi sento male" – dice Simone al manager, mentre al barista – "Un altro".
"Allora non c’e’ bisogno di stare qui". Duilio dà una pacca sul braccio di Simone, "Alè! Alè! Reagisci!"
"Si potrebbe andare a bere qualche cosa insieme in un posto tranquillo". Simone tracanna il bicchiere successivo. "Vuoi?" lo invita Duilio.
"D’accordo".
Luca infila la testa nel bar. "Simone, andiamo. Simone, è tardi".
Infastidito, il fratello maggiore si alza dal sedile, gesticolando. "Và via! Lasciami solo! Vai!"
Deluso, Luca si gira e va via. Lo guardiamo attraverso la porta a vetri.
Duilio sorride a Simone: fratellini! Ma Simone non ricambia il sorriso.
Simone chiede una sigaretta. Potrebbe combattere, ma sta fumando di nuovo. Ne prende diverse, di sigarette. Quindi è davvero povero in canna. "Queste sono per dopo, scusa".
Mentre Simone tira dalla sigaretta, Duilio chiede: "Stai meglio?" Sembra sinceramente preoccupato.
"Quando sarò lontano da qui".
"Eh sì, è fifa, lo so. Succede quando ti rendi conto che i pugni rovinano il tuo bel profilo", dice sorridendo. "Allora, dove andiamo?"
"Hai detto casa tua, no?"
“Sono sempre stato sicuro che un giorno saresti stato tu a domandarmelo”.
Duilio si rivolge al barista. "Quanto?"
"200 lire, signore".
Anche se Simone sembra conciato un po’ male, Duilio gli lancia uno sguardo ammirato mentre escono insieme.
Quando gli uomini arrivano a casa di Duilio, li vediamo solo come sagome oscure attraverso pareti di vetro opache. "Ecco, questa è casa mia. Ti piace? Entra, entra. Non aver paura".
Una musica sommessa accompagna gli uomini. Nel soggiorno, Duilio accende una lampada da tavolo. Anche così la stanza rimane al buio mentre lui va a prendere due bicchieri da un armadietto.
Porta a Simone un bicchiere e riempie anche il suo. Per la seconda volta quella notte, dà a Simone una pacchetta, questa volta proprio sulla sua faccia.
Cammina verso l'altro lato della stanza, mette giù il bicchiere e tiene le mani sui fianchi. Lì, dall'oscurità, ordina a Simone: "Siediti". Duilio sembra a suo agio e sicuro nei suoi vestiti ordinati. Si toglie delicatamente la giacca e flette il petto. Notiamo per la prima volta che ha un bel fisico.
Simone sembra un rottame. Prende una sorsata della sua bevanda e si pulisce la bocca con la mano. Si siede pesantemente sulla sedia, guardando disperatamente l'uomo più ricco.
La macchina da presa zoomma lentamente su Simone. "Mi servono soldi, molti".
"Lo avevo capito, sai", risponde Duilio, le mani sui fianchi, la luce che brilla sul suo torso.
Prende un sorso del drink, sospira, va al televisore e lo accende. "Del resto non è la prima volta, vero?" Cammina verso Simone, allarga le braccia e dice sarcasticamente "Ah, il campione! Io lo avevo predetto. Io sapevo che finivi così". Sullo sfondo, frammenti di capolavori del Rinascimento italiano appaiono in TV. "Il giorno che ti ho visto in palestra per la prima volta: un Apollo, un vero Apollo".
Dà a Simone una pacca sul petto che si trasforma in una stretta al braccio, e alla fine gli tocca la faccia. Simone indietreggia, salta fuori dalla sedia e si allontana.
Simone è fuori campo.
"Ma è chiuso per te. Come pugile sei finito. E come uomo, solo uno come me può ancora essere interessato a quel rottame che sei diventato".
"Mi servono soldi".
"Per darli alle puttane!" Ride di cuore. "Oh, è una buona idea, sì. È una bella maniera per salvare la faccia".
"Posso bere?"
"Puoi scolartela tutta se vuoi. Tanto non devi più fare il pugile".
Simone tiene il bicchiere in mano, ma tracanna direttamente dalla bottiglia.
Duilio continua: “Vuoi che ti dica quello che penso? Mi fai schifo". Dietro di lui, in televisione, vediamo una dolce immagine di una madre e un bambino a riposo.
"Ora devi finirla" – lo consiglia Simone – "Adesso basta. Questo non me lo devi dire. Hai capito?" Si avvicina al manager di boxe e gli afferra la camicia gridando: “Basta!"
Ma Duilio lo spinge via e Simone cade giù. I frammenti di dipinti del Rinascimento continuano ad apparire dietro di loro in modo surreale: immagini da un mondo civilizzato contenuto all'interno dello schermo televisivo, mentre il conflitto tra i due uomini esplode nel mondo reale.
Attraverso un lampadario vediamo mentre Simone colpisce con forza l'uomo più anziano facendolo cadere contro il muro. Si picchiano ma Duilio, in forma migliore, sconfigge l'uomo più giovane. Simone è caduto sulla lampada e ora la stanza è completamente buia, tranne la luce della televisione.
Simone, immerso nei suoi pensieri, in primissimo piano, si asciuga la faccia sudata con la mano. È abbastanza disperato da fare praticamente qualsiasi cosa per soldi. Chiude gli occhi. Duilio, anche lui in primissimo piano, lo guarda attentamente, con un misto di tristezza e desiderio.
Si avvicina alla televisione e la spegne. Lo schermo si oscura.
Ciro si sta lavando la faccia e i capelli nel lavello della cucina. Lo spazio è ben illuminato e ben organizzato, così diverso dalla prima cucina dei Parondi a Milano. Rosaria chiama "Ciro! Vieni qui un momento! Sbrigati!"
"Sì vengo". Afferra un asciugamano e si asciuga mentre va da lei dicendo: "Che c'è, mamma?"
Sul ballatoio fuori passano alcuni ragazzini che sbirciano nell'appartamento. "Muoviti!" chiama sua madre fuori campo. Uno dei ragazzini entra nella porta dei Parondi, accanto al ritratto di famiglia che sorveglia la loro casa.
Ciro trova sua madre sulla porta d’ingresso aperta, in accappatoio, con in mano una scopa. "Che è successo?"
"Stanno cercando Simone".
"Di che si tratta?"
"È la polizia. Pare che hanno un mandato di arresto. Forse sai qualcosa".
"Vai in camera tua. Vedo io di cosa si tratta".
Lei cammina giù per il corridoio, si volta indietro e lui le dice di non preoccuparsi. Dietro di lei, il bagno è inondato dalla luce del sole.
Ciro esce sulla soglia, dove due funzionari di polizia in abiti civili stanno aspettando. Indossano trench e fedora dello stesso colore. "Buon giorno" – dice – "Penso che mia madre vi abbia detto che mio fratello Simone non è tornato a casa questa notte".
"Sì".
"Non dorme quasi mai qui. Volete verificare voi stessi?" offre aprendo la porta e allungando il braccio.
"No, non c’è bisogno".
"Posso sapere perché lo state cercando?"
"Abbiamo l'ordine di accompagnarlo alla stazione di polizia. C’è una denuncia contro Parondi Simone".
“Se vi accompagno alla stazione di polizia potrei sapere qualche cosa?”
"Certo, se vuole venga".
"Entrate. Mi vesto e vengo con voi".
Uno degli uomini entra, dando istruzioni all'altro di aspettare fuori.
Mentre Ciro si asciuga i capelli e si veste velocemente, il poliziotto cammina per la stanza, osservando. Vede una foto di un pugile sul muro e chiede a Luca, che è appena apparso: "Questo è Simone?"
"Sì, sì" – risponde Luca gentilmente – "È proprio lui, mio fratello quando faceva il pugile".
"Bravo", dice il poliziotto, scompigliando i capelli di Luca.
Questi due fratelli non sembrano provare alcuna ostilità nei confronti della polizia.
"Se volete possiamo andare. Io sono pronto", dice Ciro all'ufficiale. Urla a sua madre: "Vado alla stazione di polizia. Torno subito".
Quando Rosaria irrompe nella stanza, Nadia giace a letto leggendo un giornale, una sigaretta tra le labbra, una spazzola per capelli in mano. Riviste sono disseminate sul letto. Calze di nylon sono appese su una lampada da tavolo, ad asciugare. Gli abiti traboccano da una valigia aperta.
E c'è un dipinto religioso appeso sopra il letto. Ma Visconti ha scelto di mostrarci solo la metà inferiore: le mani giunte insieme hanno una strana somiglianza con le mani strette sul viso inorridito in L’Urlo del pittore norvegese Edvard Munch.
Nadia alza lo sguardo quando Rosaria annuncia: "Sono venute le guardie a cercarlo. Che ha fatto? Tu lo sai, eh?"
Nadia, indifferente, guarda il suo giornale mentre risponde, "Beh, cosa ha fatto questa volta non lo so". Alza lo sguardo e finisce, "Ma è facile immaginare, no? È un delinquente, e allora?" Alza le spalle. "Anche tu sai che è un delinquente".
Rosaria è furiosa. "Tu?! Tu dici questo? Come puoi dirlo tu? Disgraziata! Con te qua, mi vergogno di mostrare la mia faccia alla finestra".
Ma Rosaria ha incontrato la sua partita. Nadia si siede all'improvviso, butta giù il giornale e replica: "Mi hai permesso di restare solo per tenere Simone con te! Di stare qui non ne posso più!"
Rosaria, momentaneamente senza parole, cammina furiosamente verso il muro e indietro. Poi, con una risata caustica, ribatte: "Ma tu ti sei sistemata qui! Ti è convenuto!" Cammina a grandi passi fino alla valigia di Nadia, dalla quale prende tutti i vestiti e li getta sul letto, urlando: "Prendi i tuoi stracci e vattene!"
"No, no!" urla di nuovo Nadia. "Suo figlio ha promesso di mantenermi. Non è questo il modo di mantenere una donna come me!" Nella sua sottoveste, si trova faccia a faccia con Rosaria. "Lui non sa fare niente. Non sa lavorare, neanche rubare. Sì, signora, ha capito benissimo: rubare!"
Furiosa, con gli occhi spalancati, Rosaria stringe i pugni sul viso e sibila: "Puttana! L'hai rovinato. Era il figlio mio più invidiato". Si precipita alla porta, poi torna indietro per dire: "Ma sono sicura che quando si libererà di te, tornerà ad essere il migliore di tutti. Che tu sia dannata!"
Dietro Rosaria, vediamo che i vicini sul balcone di fronte si sono fermati a guardare questa invettiva. Nelle vicinanze, un lenzuolo pulito, di un bianco abbagliante, pende dalla ringhiera, asciugandosi al sole.
Con un gesto, Rosaria maledice Nadia. "No! Non farlo!" urla Nadia coprendosi gli occhi. Si avvicina a Rosaria, le afferra le mani e le assicura: "Puoi stare tranquilla, me ne andrò!"
Si gira per fare le valigie, ma Rosaria la insegue e la prende. "No, deve dirti lui quando andare via". Naturalmente, secondo il suo modo di vedere, spetta all'uomo decidere.
"No" – dice Nadia, spingendo Rosaria giù sul letto – "Perché dovrei restare? Dimmelo. Simone ha toccato il fondo. Questo è quello che io ho voluto, e adesso me ne vado contenta. Dà a Rocco la notizia, che capisca a chi mi ha sacrificato. Non voglio parlargli. Voglio andarmene da qui e non rivedere più nessuno di voi".
Si china sul letto, singhiozzando: "Andare via, via, via!"
Mentre Nadia singhiozza nell'angoscia, Rosaria si alza, si batte le mani sul viso, poi le scuote in aria, e infine le stringe insieme come in preghiera, mentre esce dalla stanza sul balcone.
Un rapido taglio ci porta da Duilio, nel suo appartamento. In una vestaglia di seta a strisce, è in piedi davanti a una stampa del Ritratto di Armand Roulin di Van Gogh (1888), che assomiglia misteriosamente a Rocco. Questa immagine rimane ben visibile in tutta questa scena.*
Duilio sta dicendo a qualcuno fuori campo: "Credeva che io avessi paura, così gli ho detto: 'Se tu tocchi quei soldi ti denuncio'. Si è messo a ridere. Ha aperto il cassetto della scrivania sotto miei occhi. Ecco".
Mentre parla, Duilio cammina avanti e indietro per la sua stanza. Si ferma accanto a uno specchio con una cornice dorata in cui sono state infilate le foto di un giovane pugile. È Duilio Loi, un campione europeo e italiano. Accanto allo specchio è appeso un paio di guanti da boxe.
*Armand era il figlio adolescente di Joseph Arlen, il custode del magazzino della posta di Arles. La famiglia Arlen era molto vicina a Vincent, e lui ha dipinto molti ritratti dei suoi membri.
Vediamo che Duilio sta parlando con i fratelli Parondi. Ciro sta alla finestra. Vincenzo siede sul divano, con il capo piegato. I fratelli sono ben vestiti, con camicie, cravatte e cappotti di lana. Potrebbe essere un incontro tra uomini d'affari.
Rocco ha una soluzione: "Ma lei può dichiarare che ha ritrovato i soldi, che è stato un errore. Sono pronto a firmarle una cambiale. E io so che Cerri garantirà per me".
"Ah"– risponde Duilio, con un sogghigno – "Pensate che io sia andato alla stazione di polizia per una somma di 60.000 o 70.000 lire?"
Apre l'armadietto e tira fuori una bottiglia. "È quasi un anno che vostro fratello vive speculando sulla mia debolezza". Apparentemente è passato un po' di tempo da quella prima notte nel suo appartamento. Prende un bicchiere, lo riempie e se lo scola in un sorso.
Rocco attraversa la stanza, faccia a faccia con Duilio. "Mi dica che cosa mio fratello le deve, e basta!"
"Non è solo una questione di soldi. Io mi sono esposto per lui – e più di una volta. Tempo fa ho dovuto muovere tutte le mie conoscenze per tirarlo fuori da una storia di contrabbando".
Rocco risponde con rabbia, alzando la voce: "Io le ho domandato quanto mio fratello le deve dare!"
Duilio beve un altro drink e risponde: "400.000 lire".
Rocco sembra scioccato. Si appoggia alla vetrinetta, il ritratto di Armand che guarda oltre la sua spalla.
Dopo un lungo momento di silenzio, risponde: "Va bene, gliel’ho detto: firmerò la cambiale e pagherò tra tre mesi".
Ciro attraversa la stanza verso Rocco, che sembra disperato. "Sei pazzo?" – chiede – "Ci rovinerai".
Vincenzo aggiunge: "Io non posso fare niente. Ginetta aspetta un altro figlio e poi stiamo ancora pagando per i mobili".
Rocco chiarisce ai suoi fratelli: "È una cosa che riguarda me solo".
Ciro lo prende per un braccio e lo implora: "Non lo puoi fare. Dove prenderai tu tanti soldi?"
Rocco si volta verso lo specchio, il riflesso di Duilio alla sua sinistra e le foto del pugile Duilio Loi* alla sua destra. "Sei proprio sicuro che Cerri garantirà per te?" chiede Duilio.
Rocco si gira. "Glielo domandi".
*Come Rocco, Duilio Loi era un pugile agile e strategico con abilità da ring straordinarie. Aveva una personalità affascinante ed era amato dalla gente di Milano. La sua carriera è iniziata alla fine degli anni '40 e stava per finire quando questo film è stato realizzato.
La macchina da presa zoomma per un breve primo piano sul viso di Rocco, i suoi occhi in ombra, una linea di sudore lungo il labbro superiore.
Poi si gira verso Duilio, che lascia la stanza per fare la sua chiamata, fermandosi brevemente sulla porta per guardare i fratelli. Vediamo la sua sagoma attraverso la parete di vetro opaca.
Ciro dice: "Rocco, questa è una pazzia. Pure se Cerri è disposto a fare da garante per te, come farai a ripagarlo?"
Con un sospiro, Rocco crolla sul bracciolo di una poltrona. "Cerri mi ha promesso un sacco di soldi se mi impegno con lui per dieci anni. Mi porta a Bruxelles, Londra... e poi, che cosa importa a voi?"
Una fonte di luce bassa proietta le ombre dei fratelli sul muro.
Vincenzo osserva: "Ma hai sempre detto che non volevi fare il pugile, o no? Ora per quell’incosciente vuoi cambiare la tua vita per sempre?"
“E allora, sapete un altro modo voi per non lasciare Simone alla sua sorte?”
Duilio porge il telefono a Rocco per farlo parlare con Cerri. Una musica cupa inizia a suonare. Vincenzo sollecita Rocco a ripensarci.
Rocco prende il telefono mentre Duilio sta in piedi dietro di lui ad ascoltare. "Sì, certo, ho capito benissimo. Sì, come dite voi. D'accordo”. Duilio chiude la porta. Rocco continua al telefono: “D'accordo!"
Sudando, allenta la cravatta mentre parla con Cerri. "Se le chiedo questa garanzia significa che accetto tutto". Sembra essere in agonia. "Sì". Si passa una mano sulla faccia. "D’accordo. Va bene, domani".
Ciro è in una stanza con carta da parati sporca e vecchi mobili. Sta contando delle lire: "Uno, due, tre, quattro, cinque. Questi sono per te", dice a Simone, la cui canottiera è strappata e sporca. "Ma vai via da Milano per un poco di tempo". Gli mostra le banconote e Simone le agguanta. Luca siede, osservando in silenzio. "Non hai nessun lavoro da perdere comunque. Rimani fuori da casa nostra e non tornare più!"
Simone ridacchia. "La corte dei fratelli l'ha deciso? Non tornerò volentieri".
"Tanto meglio così".
Appoggiato sul muro, Simone propone: "Facciamo un patto. Visto che avete tanti soldi per quel sacco di merda di Duilio, forse potete dare qualcosa in più a vostro fratello, no? 200.000 e me ne vado veramente".
Ciro accetta di prenderne altri 100.000 dopo il prossimo combattimento di Rocco. Quindi Simone non lascerà la città fino ad allora.
"Noi ce ne andiamo. Vieni, Luca". Ciro prende Luca per mano.
Simone afferra Luca e lo tira al suo petto. Poi, alzandosi, afferra Ciro bruscamente, mentre Luca gli tira un braccio per farlo fermare.
"Non ho la lebbra io. Tu devi smetterla con questo tono, Ciro. Ma chi credi di essere? Un operaio specializzato dell’Alfa Romeo?" – dice sprezzante – "Capirai che carriera! Vattene!"
"Sei pietoso".
Lasciano Simone da solo nella sua stanza cupa e caotica, che, come il primo appartamento dei Parondi, è illuminata da lampadine nude. Simone collassa sul suo letto disordinato e lo schermo sfuma a nero.
FINE PARTE VI
Here is the link for Parte VII of this cineracconto.
GLOSSARIO
abbagliante (abbagliare) – blinding (present participle as adjective)
accappatoio (oio/oi) – bathrobe
accese (accendere) – burning (past participle as adjective)
si accuccia (accucciarsi) – he crouches
affascinante (affascinare) – engaging, charming (present participle as adjective)
ha affisso (affiggere) – she has posted, affixed
agguanta (agguantare) – he snatches
agile (e/i) – agile, light-footed
alè! – come on!
allenta (allentare) – he loosens
un altare (e/i) – a shrine
alza (alzare) le spalle – she shrugs
angosciato (angosciare) – anguished (past participle as adjective)
annuisce (annuire) – she nods
un appendiabiti (no change) – a clothes rack
un armadietto (o/i) – a cabinet
assaggiarla (assaggiare) – to taste it
avvolto (avvolgere) – wrapped (past participle as adjective)
il banco (co/chi) – the bar
la bevanda (a/e) – the drink
bonariamente – good-naturedly
la borsetta (a/e) – the purse
il bracciolo (o/i) – the armrest (of a chair)
una cambiale (e/i) – a promissory note
la camicetta (a/e) – the blouse
cammina (camminare) a grandi passi – she strides
cammina (camminare) avanti e indietro – she paces
capirai (capire) – big deal (sarcastic)
il capo (o/i) piegato (piegare) – the head bowed (past participle as adjective)
carta (a/e) da parati – wallpaper
la cassettiera (a/e) – the bureau
il cassetto (o/i) – the drawer
casto (o/a/i/e) – chaste
un chiosco (co/chi) – a kiosk
contrabbando – smuggling
ti è convenuto (convenire) – you got a good deal
coriandoli (o/i) – confetti
crolla (crollare) – he sinks into, collapses
il custode (e/i) del magazzino – the warehouse keeper
si dannassero (dannarsi) – they be damned (congiuntivo)
dappertutto – all over, everywhere
disinvoltamente – nonchalantly
diverse (i/e) – several
dondola (dondolare) – she rocks
‘mi sono esposto’ (esporsi) – ‘I stuck out my neck’
fare le valigie (no change) – to pack
la fede (e/i) – the faith
i fianchi (co/chi) – the hips
fifa – jitters
un filo (o/i) – a cord
flette (flettere) – he flexes
il fornello (o/i) – the stove
fuga (ga/ghe) – escape
funzionari (io/i) di polizia in abiti (o/i) civili (e/i) – plainclothes police officers
gemendo (gemere) – moaning
giunte (giungere) – joined (past participle as adjective)
le guardie (ia/ie) – the cops
“ha incontrato (incontrare) la sua partita” – she has met her match
un incosciente (e/i) – an irresponsible person
indietreggia (indietreggiare) – he recoils
indifferente (e/i) – unconcerned
infila (infilare) – he inserts, pokes
ingrata (o/a/i/e) – unrewarding
inonda (inondare) – it floods
l’insegna (a/e) – the marque
si interrompe (interrompersi) – he stops short
invettiva (a/e) – tirade
un lampadario (io/i) – a chandelier
lascamente – loosely
lascia (lasciare) fare a me! – leave it to me!
il lavello (o/i) – the sink
la lebbra – leprosy
un lenzuolo (o/i) – a sheet
luccica (luccicare) – it glistens
una macchina (a/e) da cucire – a sewing machine
una maledizione (e/i) – a curse
un mandato (o/i) di arresto – an arrest warrant
i mazzi (o/i) – the bunches
si è messa (mettersi) comoda (o/a/i/e) – she has made herself at home
mistura (a/e) – concoction
i mucchi (io/i) – the bunches, piles
“Ho dovuto (dovere) muovere tutte le mie conoscenze (a/e)” – “I had to call in favors”
gli occhi (io/i) spalancati (spalancare) – wide-eyed (past participle as adjective)
in ombra – in shadow
ordinati (ordinare) – sharp, stylish (past participle as adjective)
il palazzo (o/i) – the apartment building
il peggior (e/i) affare (e/i) – the worst deal
penzolante (penzolare) – dangling (present participle as adjective)
piegato (piegare) – bent (past participle as adjective)
una poltrona (a/e) – an easy chair
la posta (a/e) – the post office
i postumi della sbronza – a hangover
‘povero (o/a/i/e) in canna’ – ‘down and out’
premendosi (premersi) – pressing
‘contro ogni previsione’ – ‘against all odds’
pure – too
raggiungerlo (raggiungere) – to catch up to him
raggrinzita (raggrinzire) – crumpled (past participle as adjective)
reagisci! (reagire) – snap out of it!
il reggiseno (o/i) – the brassiere
replica (replicare) – she retorts
del resto – after all
rifare il letto (o/i) – to make the bed
riferire – to deliver
Rinascimento – Renaissance
una ringhiera (a/e) – a railing
una risata (a/e) – a laugh
un rottame (e/i) – a wreck
scartato (scartare) – discarded (past participle)
scintillante (scintillare) – sparkly (present participle as adjective)
scolartela (scolarsi) – you drain it
scollato (scollare) – low cut (past participle as adjective)
scompigliando (scompigliare) – tousling
sconfigge (sconfiggere) – he overcomes, beats
un seme (e/i) – a seed
seta (a/e) – silk
sfacciato (o/a/i/e) – immodest, suggestive
lo sfondo (o/i) – the background
lo smalto (o/i) – fingernail polish
si soffia (soffiarsi) – she blows
un sogghigno (o/i) – a sneer
sollecita (sollecitare) – he urges
una somiglianza (a/e) – a resemblance
una somma (a/e) – a piddling amount
una sorsata (a/e) – a swallow, a drink
la sorte (e/i) – the fate
sorveglia (sorvegliare) – it watches over
sospira (sospirare) – he sighs
una spazzola (a/e) – a brush
spazzolando (spazzolare) via – brushing off
spegne (spegnere) – he turns it off
spetta (spettare) – it’s up to (a decision)
una stampa (a/e) – a print (of a painting)
una stretta (a/e) – a squeeze
si stringono (stringersi) la mano (o/i) – they shake hands
strisce (ia/e) – stripes
tanto – anyway
tetra (o/a/i/e) – somber
tira (tirare) – he drags (on a cigarette)
si toglie (togliersi) – he takes off
una toletta (a/e) – a vanity, dressing table
traboccano (traboccare) – they overflow
tracanna (tracannare) – he gulps down
trascina (trascinare) – he pulls, drags
tremante (tremare) – trembling (present participle as adjective)
le unghie (ia/ie) – the fingernails
non ti va? – you don’t like it?
una vestaglia (ia/ie) – a robe
il vestito (o/i) – the suit
vestito (vestire) di tutto punto – dressed to the nines (past participle as adjective)
la vetrinetta (a/e) – the glass cabinet
vetro (o/i) – glass
vive (vivere) speculando (speculare) – he takes advantage of