Regia: Ermanno Olmi (1962)
Giovanni cammina lungo la spiaggia. Incontra un gruppo di capre. Viene direttamente dal lavoro? Indossa ancora giacca e cravatta. Tiene sopra la testa un giornale per proteggere i suoi occhi dal luminoso sole siciliano.
Vediamo tante famiglie in spiaggia per trascorrere la giornata al mare.
Giovanni prende un gelato e si mette all'ombra della tenda del venditore con altri clienti, guardandosi intorno nel suo nuovo ambiente.
Continuando la sua passeggiata, passa vicino alle saline dove gli operai spalano il sale in mucchi. Le inquadrature sono bellissime; pura poesia, davvero. Come con la geometria dell’impianto industriale, il direttore della fotografia Lamberto Caimi ha catturato la pura bellezza nell'ordinario.
Due uomini camminano lungo uno stretto sentiero verso un mulino a vento, dove iniziano a lavorare. Giovanni, curioso, si alza e li guarda, proteggendo gli occhi con il suo giornale.
Va verso di loro e dice: “Buongiorno”.
Ma gli uomini continuano a lavorare; non si fermano a chiacchierare.
Esplorando, Giovanni si siede su un marciapiede in questo antico paese con le sue case a un piano. Una piccola macchina con un altoparlante arriva dietro l'angolo. "La scorsa notte, in Via Enrico Toti, o in Via Garibaldi, o al Teatro Splendido, è stato perso un portafoglio che conteneva 5000 lire e altri documenti importanti. Chiunque lo trovi può tenere le 5000 lire, ma è pregato di restituire i documenti al loro proprietario".
La macchina va avanti, la voce diventa sempre più lontana. Giovanni si alza e attraversa la strada verso una chiesa. Mentre l'altoparlante si affievolisce, sentiamo il canto dei bambini. All'inizio è pacato, ma diventa più forte mentre Giovanni si avvicina.
Giovanni entra nella chiesa, giornale in mano, e si fa il segno della croce. Seduti in banchi che guardano l'altare, circa 20 bambini stanno cantando.
Ancora una volta, qualcuno ha progettato questa scena con attenzione. Notate le geometrie della ringhiera bianca in ferro battuto, le pile di sedie di legno e le panche di legno squadrate.
Giovanni siede su una panca in fondo. Guarda alla sua destra: un cane è entrato in chiesa.
Il prete esce e rimprovera il gruppo: "Bambini, quante volte devo ripetere? Quando si entra in chiesa, non si parla e non si corre". Nel frattempo, il cane sta vagando tranquillamente. Il prete continua" – non si ride e non si sputa! Dovete pregare”.
Il cane inizia ad abbaiare. I bambini ridono e vanno verso di lui. Anche Giovanni sorride. Si alza e allunga il collo per vedere cosa succede. Il povero prete non riesce a tenere i bambini sotto controllo: "State calmi bambini", dice, ma loro sono determinati a catturare l’animale, magari accarezzarlo o giocare con lui. Corrono verso di lui, alcuni di loro si arrampicano sui banchi. "Tornate ai vostri posti. Bambini!"
È un altro giorno. Giovanni, indossando lo stesso completo, sempre con la sua valigetta, è fuori in paese. In sottofondo si sente della musica cadenzata. Qualcuno – il regista, lo scenografo – ha messo sul percorso di Giovanni un uomo che porta palloncini. Quindi le cose sembrano un po’ più allegre.
E ora vediamo altro del paesaggio, lo scopriamo insieme a Giovanni. Sarà la sua nuova casa almeno per il prossimo anno e mezzo.
Giovanni imbocca una strada stretta, fiancheggiata da palazzi su entrambi i lati. La strada è deserta tranne che per un uomo seduto su una sedia a fumare, con una rivista in grembo. La macchina da presa mette a fuoco una scala e ben presto Giovanni ci arriva e la sale, passando sotto un arco per entrare nel cortile del complesso.
Entra, bussa a una porta e un uomo che indossa una maglietta e i pantaloni del pigiama risponde, "Cosa posso fare per lei?"
"Cerco una stanza".
"Si accomodi”. L'uomo si scusa e va a indossare la parte di sopra del pigiama. Ora è vestito per fare affari.
"Venga, venga," – dice – "Per quando sarebbe?"
"Appena possibile. Per adesso sto nella foresteria dell’azienda, ma non so per quanto tempo posso restare".
"Ecco!” dice l’uomo, mostrandogli una stanza piena di letti. “Attualmente è tutto occupato. C'è quel letto nell'angolo. Potrebbe essere libero tra qualche giorno. Adesso venga, le faccio vedere un'altra stanza”.
"Questa sarebbe libera anche subito, solo che è una stanza singola. Va da 10.000 a 12.000 lire al mese".
"Ecco, guardi”, dice una donna mostrandogli un’altra stanza in un altro appartamento. “Questa ha anche un bel balcone, da qui si può vedere la strada. Può prendere un po’ d'aria fresca”.
Giovanni è in autobus con un uomo vestito con abiti casual. L'uomo dice, "Quando l’impianto è stato aperto era diverso, ma ora non ne vale la pena. Si sono accorti e hanno alzato tutti i prezzi".
Un passeggero in giacca e cravatta interviene: "Adesso qui la vita costa come a Milano, e certe cose ancora di più. Prima di venire trasferito, qualcosa mi rimaneva dal mio stipendio alla fine della settimana. Adesso non mi basta più”.
Il primo uomo continua: "Tutto considerato, non è più un buon affare venire qui."
"Se ha la famiglia qui magari. Tanti hanno portato le loro mogli, ma è una vita sacrificata. Non ce la fanno”.
Un altro uomo aggiunge:, "In fondo, i Siciliani sono brava gente. Sono sempre stati affamati, quindi è naturale che quando vedono un po’ di soldi andare in giro, ne vogliono un po'".
L’uomo prosegue, gesticolando: "Appena mettono qualche soldo da parte, cominciano a costruire una casa... mangiano pane e limoni e risparmiano i loro soldi per pagare i loro debiti. Piantano arance e mandarini, ma soprattutto limoni e mandarini, perché crescono prima".
Mentre l’uomo parla, vediamo scene di queste persone che lavorano la loro terra. Un uomo sparge semi in un campo. Un uomo in camicia e cravatta è dietro a un cavallo che tira un aratro tra alcuni alberi.
"Passa qualche anno, non appena il frutteto inizia a rendere, lasciano la fabbrica e vanno a vivere sul loro terreno".
Vediamo Giovanni che indossa una tuta da lavoro e cammina per l’esterno dell’impianto con un collega che lo ragguaglia un altro po’. A proposito dei siciliani dice: "Non è che sono pigri. Fanno il loro lavoro. Sono solo un po’ pazzi. Il sole è molto caldo e non hanno mai la possibilità di sfogarsi. Sono stato uno dei primi a venire qui. Avresti dovuto vederlo. Era pieno di algerini allora. Portavano il loro pranzo avvolto in uno straccio. Ora portano tutti le valigette e sembrano dirigenti”.
I colleghi di Giovanni lo hanno portato al carnevale. Ci sono luci appese in tutta la piazza. Sembra che l'intero paese sia lì. Le persone sono strette come le sardine.
Tutti indossano maschere, ci sono alcuni uomini vestiti da donne, gli uomini danzano come pazzi con altri uomini, i coriandoli vengono lanciati in aria. Questa è veramente una festa pagana!
Solo Giovanni non sembra felice. Sembra tutto solo in questa folla.
Vede un anziano ubriaco che cade per terra e questo lo riporta a un ricordo di suo padre, che a quanto pare ha un problema con l'alcol.
In questo ricordo – che vediamo come un flashback – suo padre viene curato da una donna. L’anziano tossisce; la donna prepara una borsa d'acqua calda. Dice a qualcuno fuori dall’inquadratura, "Ha bevuto ancora".
Giovanni bussa alla porta ed entra. Consegna alcuni documenti alla donna, dicendo: "Ecco, signora. Queste sono le carte, se vede che non ce la fa..." Così Giovanni ha deciso di non mettere il padre nella casa per anziani, ma piuttosto di affidarlo a questa signora.
"È inutile – dice lei – "Bisognerà farlo ritirare”. La signora crede che se l’uomo non smetterà di bere, dovrà andare nella casa di riposo.
Un uomo nella stanza interviene: "Se gli togliete anche la soddisfazione di un bicchiere di vino, cosa gli rimane?"
Torniamo al carnevale, Giovanni ha trovato una compagna di ballo. Indossa una maschera nera che le copre tutto il viso. Lui le chiede: "Di dove sei?"
“Catania. E tu?"
"Vengo dal nord”.
"Poverino, viene dal nord. Così lontano. Ti do un bacetto per consolarti”.
Lui cerca di alzare la maschera per ricevere il suo bacio, ma lei lo ferma. "No, è proibito”.
"Allora non è così bello", protesta lui.
"Vedrai" – lo rassicura la donna – "Sarà bellissimo!"
Finalmente, Giovanni inizia a divertirsi.
Alcune scene del carnevale.
Tornato dal carnevale, Giovanni è nella sua stanza da solo. Entra nel bagno, accende la luce e si fissa nello specchio. Comincia a mettere il dentifricio sullo spazzolino, nota che i coriandoli sono ancora tra i suoi capelli e si china sul lavandino per scuoterli via. Aprendo il rubinetto, lascia scorrere lentamente i coriandoli giù nello scarico.
Improvvisamente sente delle voci e va alla finestra per vedere cosa stia succedendo. Due carri trainati da cavalli si avvicinano lentamente. I loro passeggeri lanciano coriandoli e urlano.
I carri entrano dai cancelli dell’hotel. Giovanni spegne la luce del bagno in modo che non possano vederlo. Poi torna alla finestra e continua a guardare mentre i passeggeri scendono, lasciando uno di loro a pagare l'autista.
Giovanni sta sognando. La scena sfuma nella sua vecchia sala da ballo che è decorata per una festa. Le coppie che indossano cappelli da festa ballano e i coriandoli cadono nell'aria.
Liliana siede da sola al lato della stanza, coriandoli sui capelli e sul cappotto, che indossa ancora. Giovanni balla per la stanza con un'altra donna, a quanto pare divertendosi.
Giovanni dorme, ma qualcuno è in piedi alla sua finestra e guarda dentro. Improvvisamente si sente un fragore. È uno scherzo, evidentemente.
I colpevoli corrono via lungo il corridoio, tornando nella loro stanza.
Ridendo, Giovanni va nel suo bagno, e riempie un bicchiere d'acqua, ma poi ha un'idea migliore. Riempie un catino, lo porta sulla soglia della sua stanza e aspetta che i burloni tornino.
Loro ritornano e armeggiano con la sua serratura, cercando di entrare. Quindi Giovanni gira lentamente la chiave per lasciarli entrare. Ma loro scappano.
Così Giovanni esce in punta di piedi nel corridoio, facendo attenzione a tenere in equilibrio il catino pieno d'acqua. "Ehi!" – esclama – "Ti ho visto! Dove sei andato? Vieni fuori se hai coraggio. Vieni”. Intanto torna verso la sua stanza ed esita fuori dalla sua porta.
Mentre Giovanni è in piedi nel corridoio con il catino in mano, un'altra porta si apre. "La vogliamo finire con questa menata?" – lo rimprovera un uomo – "Non siete stufi di fare chiasso?"
"Sono loro che fanno gli scherzi", risponde Giovanni imbarazzato. Sembra un ragazzino.
"Sono loro? È ora di andare a letto!" risponde l'uomo con rabbia prima di sbattere la porta. Quindi Giovanni non ottiene la sua vendetta.
È una giornata luminosa e soleggiata. Portando due valigie Giovanni cammina per una strada nel paese. Cammina accanto ad alcuni negozi che vendono oggetti sacri e cartoline e poi apre le grandi porte di legno pesante della pensione dove abiterà.
Inizia a sistemarsi nella sua stanza. Tira fuori dalla valigia le sue pantofole. Aprendo lo sportello del comodino per metterle lì, vede un vaso da notte e rapidamente lo richiude.
La padrona arriva dicendo: "Ecco le chiavi. Questa è quella della porta di casa e questa per il portone in strada".
"Bene" – risponde lui – "Mi scusi, signora. La porta del bagno non si apre".
"È un po' complicato" – risponde lei – "Venga e le faccio vedere".
Tornato all’impianto, Giovanni indossa un elmetto. Si mette dei guanti di sicurezza e una maschera protettiva. Raccoglie una torcia e inizia a saldare.
I saldatori sono al lavoro in tutta la struttura, su molti livelli. Le scintille volano dappertutto.
È notte. Tutto è tranquillo. Le luci della città brillano nell'oscurità. Le barche riposano sull'acqua immobile. Le campane della chiesa suonano.
E ora è mattina. Le strade sono ancora tranquille. Alcuni uomini vanno in bici. Altri vanno in chiesa.
Alla pensione, mentre Giovanni sta andando nella sua stanza, la padrona di casa lo chiama. Una lettera è arrivata per lui due giorni fa. Ma lui non si è reso conto di dove fosse la posta e lei ha dimenticato di dirglielo. La donna gli mostra come può controllare la posta in futuro.
Giovanni entra nella sua stanza e chiude la porta. Quindi chiude la finestra e le tende.
Si mette i pantaloni del pigiama e una canottiera e accende la luce del comodino. Seduto sul letto, legge la lettera. Non mostra emozioni e non abbiamo idea di cosa ci sia scritto nella lettera, anche se immaginiamo che sia di Liliana.
Si sdraia sotto le coperte. Alcuni rumori lo svegliano e lui si gira sulla schiena, guardando il soffitto.
Un ricordo: c'è un gruppo in spiaggia che indossa costumi da bagno. Giovanni cammina abbracciato a una donna. Sembra essere la donna con cui Giovanni ha ballato nella sala da ballo a Milano quando Liliana non voleva ballare con lui. Ridono e si divertono insieme.
Giovanni e la donna sono soli e condividono un momento intimo, distesi sull'erba, lontano dagli altri, si baciano.
Poi vediamo Liliana – in realtà solo la sua schiena, che è rivolta alla macchina da presa. Sentiamo la voce di Giovanni: "Chi te l'ha detto?”
Lei mormora: "È inutile che ti arrabbi. Sono io quella che dovrebbe essere arrabbiata".
"Vuoi dire che non sei arrabbiata?"
"No" –risponde lei – "Sono offesa e delusa".
Ora vediamo Giovanni, il suo sguardo abbassato. Lei dice: "Ora volevo chiederti una cosa".
Lui la guarda, lei prosegue: "Ma devi rispondere sinceramente. Vuoi ancora sposarmi?”
"Adesso?" – risponde lui – "Come si fa?"
"Ma non ti ho chiesto quando. Volevo solo sapere se desideri ancora sposarmi", risponde lei, una lacrima che le scorre lungo la guancia.
Nel bagno della pensione, Giovanni apre il rubinetto ma non esce acqua. Tira lo sciacquone: niente. Comincia a uscire dal bagno e appare una vicina. "Non c'è acqua”, gli dice.
"Come mai?" chiede lui.
"La spengono la domenica".
La vicina appare alla porta del suo appartamento e chiede: "Ne vuole un po' della mia?"
"No, grazie", risponde lui.
"È fresca e pulita", insiste la donna.
"Grazie lo stesso" – dice Giovanni – "Non si disturbi”.
"Non è un disturbo. Venga”.
"La verserò per lei", gli dice. Vanno al lavandino del bagno. Lui si china e lei gli versa l’acqua. Lui usa l'acqua per lavarsi la faccia. "Per fortuna ho tenuto un po’ di riserva", commenta lei.
"Che caldo”, dice la vicina, guardandosi allo specchio e aprendo la parte superiore della sua vestaglia. Giovanni sembra sorpreso. "Gliene verso un po' sulla schiena?" Propone la donna mentre gli versa dell’altra acqua sul collo, sorprendendolo.
Lei continua a flirtare, ma lui non è interessato. "Grazie, grazie, basta così", la ferma chiudendo la porta.
Giovanni siede sul suo letto a torso nudo nel caldo siciliano. Le tende della finestra si muovono dolcemente. Lui pensa a Liliana.
Ripensa a una volta in cui sono andati con la sua moto su una strada di campagna.
Adesso riguarda la sua lettera. Con una voce fuori campo sentiamo la risposta che lui le scrive: "Nella lettera che tu hai scritto mi mandi notizie solo di mio padre e non mi dici niente di te. Come stai? Come va il morale?”
La risposta di Giovanni continua mentre lo vediamo sul suo posto di lavoro: "Perché non mi hai scritto?"
"Sono quindici giorni che ti ho mandato la cartolina e ancora non mi hai risposto. Il mio indirizzo è sempre lo stesso, quello della pensione. Salutami tutti e a te un bacio".
Liliana ha finalmente risposto e vediamo Giovanni seduto sul suo letto a leggere la lettera, la busta accanto a lui sul suo letto ben rifatto. Le tende oggi sono aperte e legate ai lati. La luce del giorno filtra nella stanza.
Vediamo Liliana che legge le parole della lettera come se fosse nella stanza con lui: "Caro Giovanni, ho ricevuto la cartolina e poi la tua lettera. Non ti ho risposto subito perché non sapevo sinceramente se desiderassi che ti scrivessi ancora".
Ora la vediamo camminare accanto alle cassette della posta, con la lettera in mano, e poi correre a casa attraverso il cortile.
"Quando ho ricevuto la tua lettera ho avuto un po’ di paura. Volevo aprirla subito ma mi mancava il coraggio. Mentre salivo le scale ero emozionata e felice".
La lettera continua: "Poi improvvisamente ho avuto quasi spavento di questa mia felicità. Non so perché. Ho pensato di tutto. I pensieri brutti erano tanti, più di quelli belli. Ho pensato persino che quella poteva essere l’ultima tua lettera. Ho avuto paura, lo confesso. Avevo perso la fiducia e anche la speranza”. Mentre Liliana parla, sembra che guardi direttamente Giovanni, per la prima volta nel film. Sembra davvero felice. "E adesso mi dispiace di aver pensato male di te”.
Liliana continua: "Sono stata a trovare tuo padre. Sta bene, e mi ha detto di salutarti tanto. Adesso la sera si mette davanti alla porta aperta della signora Seminari. La porta è aperta perché fa caldo e così lui vede la televisione. Meno male perché per questo motivo non va all’osteria".
Giovanni è in classe. Un istruttore fa lezione da una cattedra sotto un crocifisso. La stanza ha una lavagna e alcune attrezzature tecniche. Gli studenti siedono ai banchi, fianco a fianco. Mentre l'istruttore parla, Giovanni pensa a Liliana.
Lo sentiamo leggere una lettera: "Carissima Liliana, qui è venuto un caldo terribile: 60 gradi sotto il sole e 45 all'ombra. Si sta bene solo nei locali della scuola aziendale perché hanno messo l’aria condizionata".
"Alla sera vai ancora a ballare? Io qui non sono più andato. Non ci sono sale da ballo".
"Ma non è solo per questo. Io ero a mio agio a ballare con te. Con le altre non mi trovo bene".
Mentre la voce di Giovanni continua, lo vediamo passeggiare lungo una strada con in mano un giornale per proteggersi gli occhi dal feroce sole siciliano.
"Anche la domenica, non mi trovo. Vado un po’ di qua, un po’ di là. E poi senza la moto non so dove andare. Scrivimi appena puoi, che mi fa piacere quando arrivo a casa la sera e la padrona della pensione mi dice è arrivata posta".
Finisce dicendo: "Saluti a mio papà e a tutti. A te: un bacio".
Vediamo Liliana, da sola. Sembra pensierosa.
Risponde: "Caro Giovanni, quanti giorni sono passati dalla tua partenza. Più di due mesi ormai. E da allora non ho voluto più andare a ballare. Non volevo tornare alla Speranza. Non volevo rivedere i nostri amici. Anche perché temevo che mi chiedessero di te. Magari con sorrisetti maligni, sai come fanno. Io mi sarei vergognata".
"E tutti i ricordi che abbiamo lì insieme. Si può dire che ci siamo conosciuti proprio lì, quando venivo ad accompagnare mia sorella maggiore. Avevo quindici o sedici anni, ti ricordi? E tu eri appena tornato da militare".
"Non te l'ho mai detto, ma la prima volta che mi hai chiesto di ballare io ti ho detto di no perché non ero ancora capace. E allora mi sono fatta insegnare in casa dalle mie amiche quasi tutte le sere. Aspettavo che tu me lo chiedessi di nuovo".
Mentre sentiamo lo stesso tema musicale dell'inizio del film, vediamo le scene in cui i fidanzati ricordano i loro primi giorni insieme, quando si sono innamorati. E così, attraverso le loro lettere, si innamorano di nuovo.
Insieme sulla moto di Giovanni.
“E da allora, quanti ricordi…”
"…belli e brutti. Figurati che da quando sei partito anche quelli brutti mi sono diventati cari. E tutti insieme a volte mi facevano venire una gran voglia di piangere. Ma non volevo piangere, volevo farmi forte. E allora facevo le prove a rassegnarmi, nel caso in cui tu non avessi più voluto tornare. Cercavo di respingerti e di cancellarti dai miei pensieri. Ma adesso per fortuna tutto è cambiato. I tristi pensieri mi sembrano già lontanissimi”.
“Che belle lettere che mi scrivi Liliana. Come dici bene le cose che vuoi dire. Io non sono così bravo. E forse non riesco a dirti tutto. Però sono sicuro che mi capisci lo stesso. Perché vedo che le cose che mi scrivi sono le stesse che provo io. Tu le dici anche per me”.
Liliana sta parlando ora, non per lettera: “Lo sai, Giovanni, forse questo viaggio ha fatto bene a tutti e due. Forse è stata proprio questa lontananza che ci ha aiutati a capire tante cose. Quanto tempo è ormai che siamo fidanzati, quanti anni. Più che fidanzati, tu lo sai”. Lei sorride e guarda in basso, “Eppure non ci siamo mai confidati. Non ci siamo mai parlati come ci si doveva parlare. Ognuno si teneva i propri pensieri”.
“Ci si accontentava di stare insieme. Ma forse questo nostro stare insieme era diventato solo un’abitudine. E non c’eravamo accorti di essere tornati soli. Siamo molto più vicini adesso. L’ho capito quando ho ripensato a tutti i nostri momenti passati insieme”.
“Mi sembra di ricominciare tutto da capo. Di rivivere le stesse cose, ma come se fossimo diversi tutti e due, migliori”.
Torniamo in Sicilia.
Giovanni sta telefonando: "Liliana, ciao. Sono io, Giovanni. No, niente. Avevo voglia di telefonarti. Come va? ... Ma niente! Ti ho telefonato perché ho detto: tanto oggi è domenica e si spende la metà. Come stai? Qui sta venendo un temporale. Cosa fai?” Sentiamo il vento ululare e il rombo del tuono. Lui continua: “Devo andare al lavoro adesso. Il mio autobus parte tra quindici minuti".
“Oggi però non ho voglia di andare a lavorare” – si lamenta –“Starei volentieri a casa. Comunque, possono fare a meno di me per un giorno".
L'operatrice interrompe: "Tre minuti!”
“Grazie” –risponde Giovanni educatamente e continua – “Casomai domenica ti telefono ancora! Tu, però, scrivi lo stesso! Mi raccomando. Ciao”. La sua faccia, così animata durante la chiamata, appare improvvisamente triste e vuota. È di nuovo da solo. Riattacca lentamente al suono del rombo del tuono.
E ora la pioggia si riversa ovunque: sui paesaggi rurali che abbiamo visto prima; e anche sull’impianto.
Piove ovunque.
Una bambina guarda verso il cielo. Da quando Giovanni è arrivato in Sicilia ha dovuto usare la sua valigia o un giornale per proteggersi gli occhi dal sole. Ora qualcosa è cambiato: nell'ultima immagine del film lo vediamo sollevare la sua valigetta sopra la testa per ripararsi dalla pioggia.
FINE PARTE II
This cineracconto just tells the story of I fidanzati, in a simple way, to make it accessible to Italian language students. For a deeper understanding of the film and Director Ermanno Olmi’s work, see “I fidanzati: Rhapsody in the Rain” by Kent Jones on the Criterion website.
VERTIGO A. Verbi preposizionali: verb + preposition + verb e Io ti salverò!
VERTIGO B. Verbi di movimento e Io ti salverò!
GLOSSARIO
abbaiare – to bark
abbassato (abbassare) – lowered (past participle)
accarezzarlo (accarezzare) – to pet it
si accomodi! (accomodarsi) – make yourself comfortable!
ci si accontentava (accontentarsi) – we were satisfied
si sono accorti (accorgersi) – they noticed, realized
affamati (affamare) – to be starving (past participle as adjective)
affidarlo (affidare) – he entrusts him [to someone]
si affievolisce (affievolirsi) – it fades
a mio agio – (I’m) comfortable
algerini (o/a/i/e) – Algerians
un altoparlante (e/i) – a loudspeaker
altro – more
un altro po’ – a little more
alzare – to lift
appese (appendere) – hung (past participle)
un aratro (o/i) – a plow
armeggiano (armeggiare) – they fiddle [with something]
si arrampicano (arrampicarsi) – they climb
un bacetto (o/i) – a little kiss
una borsa (a/e) d'acqua calda – a hot water bottle
i burloni (e/i) – the pranksters
bussa (bussare) – he knocks
la busta (a/e) – the envelope
i cancelli (o/i) – the gates
una canottiera (a/e) – an undershirt
da capo – from the beginning
capre (a/e) – goats
cartoline (a/e) – postcards
il casco (co/chi) di protezione – the hard hat
casomai – maybe
le cassette (a/e) della posta – the mailboxes
un catino (o/i) – a basin
una cattedra (a/e) – a desk
chiasso – racket, uproar, din
si china (chinarsi) – he bends over
il collo (o/i) – the neck
come mai? – how come?
il comodino (o/i) – the night table
il completo (o/i) – the outfit
ci siamo confidati (confidarsi) – we have trusted each other
i coriandoli – confetti
un crocifisso (o/i) – a crucifix
dappertutto – everywhere
il dentifricio (io/i) – the toothpaste
dirigenti (e/i) – executives
distesi (distendere) – lying down, stretched out (past participle)
l'erba – the grass
esita (esitare) – he hesitates
non ce la fanno (farcela) – they can’t manage it
fare affari – to conduct business
ferro battuto – wrought iron
fiancheggiata (fiancheggiare) – lined by (past participle as adjective)
fianco a fianco – side by side
la foresteria (a/e) – the company lodgings
fosse (essere) – it was (congiuntivo)
un fragore (e/i) – a crash
il frutteto (o/i) – the orchard
la guancia (ia/e) – the cheek
i guanti (o/i) di sicurezza – the safety gloves
imbocca (imboccare) – he turns onto, enters
indossando (indossare) – wearing
intanto – meanwhile
i lati (o/i) – the sides
una lavagna (a/e) – a blackboard
il lavandino (o/i) – the sink
legate (legare) – tied together (past participle)
legno (o/i) – wood
il letto (o/i) ben rifatto (o/i) – the neatly made bed
lezione (e/i) – lecture
maligni (o/a/i/e) – mean (adjective)
un marciapiede (e/i) – a curb
menata (a/e) – bullshit
meno male – thank god
mette (mettere) a fuoco – it focuses
mucchi (io/i) – piles
un mulino (o/i) a vento – a windmill
oggetti (o/i) sacri (o/i) – sacred objects
ormai – by now, already
l’osteria (ia/ie) – pub, bar
pacato – quiet (adjective)
paese (e/i) – small town (or a country)
palazzi (o/i) – apartment buildings
palloncini (o/i) – balloons
le panche (ca/che) – the church pew, bench
le pantofole (a/e) – the slippers
il percorso (o/i) – the path, the way
persino – even, just
un piano (o/i) – a story, floor (of a building)
porge (porgere) – he leans
un portafoglio (io/i) – a wallet
è pregato (pregare) – is requested
in punta di piedi – on tiptoes
raccoglie (raccogliere) – he picks up
mi raccomando (raccomandarsi) – please
ragguaglia (ragguagliare) – he informs, updates
rassegnarmi (rassegnarsi) – to resign myself
rendere – to yield, make money
si è reso (rendersi) conto – he realized
respingerti (respingere) – to reject you
riattacca (riattaccare) – he hangs up [the phone]
un ricordo (o/i) – a memory
rimprovera (rimproverare) – he scolds
la ringhiera (a/e) – the railing
ripararsi – to take cover
ripensa (ripensare) – he thinks back
riporta (riportare) – it brings back, brings again
ritirare – to go to a rest home, to retire
è rivolta (rivolgere) – is turned
il rombo (o/i) – the roar
il rubinetto (o/i) – the faucet
il sale (e/i) – the salt
sbattere – to slam [a door]
lo scarico (co/chi) – the drain
uno scherzo (o/i) – a prank
la schiena (a/e) –the back (part of body)
lo sciacquone (e/i) – cord to flush the toilet
scorrere – to flow
scuoterli (scuotere) – to brush it off
si sdraia (sdraiarsi) – he lies down
semi (e/i) – seeds
la serratura (a/e) – the lock
sfogarsi – to vent, let off steam
sfuma (sfumare) – it fades
il soffitto (o/i) – the ceiling
la soglia (ia/ie) – the doorway
spalano (spalare) – they shovel
lo spazzolino (o/i) – the toothbrush
lo sportello (o/i) – the small door
squadrate (squadrare) – angular, squared (past participle as adjective)
uno straccio (io/i) – a rag
stufi (o/a/i/e) – fed up (adjective)
tanto – since, because (note, this word has many other meanings in different contexts)
un temporale (e/i) – a storm
tenere in equilibrio – to balance
a torso nudo – bare-chested
tossisce (tossire) – he coughs
trascorrere – to spend (time)
trovare – to visit (or to find)
il tuono (o/i) - the thunder
una tuta (a/e) da lavoro – a work shirt
ululare – to howl
urlano (urlare) – they yell
non ne vale (valere) la pena – it’s not worth it
un vaso (o/i) da notte – a chamber pot
vergognata (vergognarsi) – ashamed (past participle)
verserò (versare) – I will pour
la vestaglia (ia/ie) – the robe