Regia: Mario Monicelli (1960)
Gioia si precipita nel ristorante, urlando: “Buonasera! Buonasera!" I suoi amici la salutano. Lanterne cinesi pendono dal soffitto.
"Mimì, non mi avevi detto alla fontana dell'Esedra?" chiede lei, e tutti si bloccano per un momento, ma Colombini le fa cenno di unirsi a loro. Alle persone al tavolo, lui dice: "È in compagnia. Meno male, siamo quattordici!"
"Porta anche il tuo amico", dice qualcuno, per sicurezza.
Su richiesta di Gioia, Mimì presenta Umberto al gruppo e si scambiano saluti cordiali.
Stringendo ancora la bottiglia di champagne, Gioia chiede: "Insomma, ragazzi, mi volete dire cos'è successo? Io ho aspettato un'ora”.
"Com’è possibile? Anche noi!” mente Colombini.
"A Piazza dell’Esedra?"
"No! Non proprio in Piazza dell’Esedra..." dice uno degli uomini, gesticolando.
Vanno avanti e indietro mentre Gioia cerca di trovare un senso. Ansioso di chiudere l'argomento, Colombini dice allegramente: "Comunque, tutto è bene quel che finisce bene!"
“Insomma, ragazzi” – chiede Gioia – "Non notate niente di strano in me?"
La guardano: "No", rispondono tutti.
"Sono bionda!" esclama, indicando con le mani aperte, una bianca e una nera.
"È vero!" – dice Mimì – "Non ce ne siamo accorti!" Tutti ridono felici, nessuno con più gusto di Gioia.
Dando dei colpetti ai capelli, chiede a Mimì: “Come sto? Sto bene, no?”
Vengono offerti complimenti: "Stai molto bene!" “Sei un amore!”
Gioia gira la testa, mostrando la sua biondità da ogni angolo, e la macchina da presa si sposta facendo una panoramica verso l’alto, fino alla finestra. Una figura in un trench sta scrutando verso il basso: Lello!
Gioia non riesce a credere che lui l’abbia seguita lì! Dice piano a Mimì: "Rieccolo!"
"Chi?"
"Non guardare subito! Su alla finestra c'è un giovanotto che mi filava al Milleluci. È tutta la sera che mi viene dietro”.
Incorniciato dalla finestra, lui preme una mano sul vetro.
Mentre Umberto si sta mettendo in bocca una grande forchettata di fettuccine, Gioia gli afferra il polso: "Umbe’! Non ti voltare subito. Dietro di me c'è un giovanotto che mi filava al Milleluci".
Ma Umberto alza lo sguardo e l’allegria innocente gli sfugge dal viso.
Si mette una mano sulla fronte con sgomento. "Tortorella" – dice – “ci ho ripensato. Fuori c'è quella signora che mi cercava. Bisogna che le vada a dire qualcosa. Non è carino di parte mia”.
Distratta, occupata a ritoccare il trucco per il suo nuovo ammiratore, Gioia chiede: "Che hai detto?"
"Me ne devo andare. Tanto non hai più bisogno di me. Sei in buona compagnia".
“Tu fai come ti pare. Sei libero!" A cosa le serve lui a questo punto?
Lui si alza per andarsene e si rivolge al gruppo. “Signori, scusate tanto. Buon anno".
Alla finestra, Lello gli fa dei gesti rabbiosi.
Per la sorpresa di Umberto, il suo annuncio viene accolto con grida di protesta: "E lei dove va?" "Se ne va?" "No, offro io ma lei rimane!" Qualcuno afferra persino la coda del suo smoking.
Umberto si gira indignato: “Cosa fa? Lasci, che si stacca la coda!"
Gli viene detto in tono minaccioso: "Lei da qui non si muove, ha capito? Vada al suo posto!”
"Perché?" chiede Gioia, confusa.
Mimì dice: "Non vedi che siamo in tredici?"
Allora Gioia capisce. Si alza in piedi con uno sguardo di fiera dignità. Con calma, tristemente, chiede: "Allora è per questo che mi avete scaricato a Piazza dell’Esedra?"
La liquidano. Raggiungendo Umberto, lei dice: "Umbe’, dagli uno schiaffo e digli che sono dei cafoni ignoranti”.
Quando Mimì le dice di non fare storie, l'umore di Gioia passa da triste a ribelle. Con un tono rovente, dice: "Cafoni ignoranti che non siete altro! È stata questa sciacquetta che mi ha pregato di venire” – indica Mimì – "E come ringraziamento mi lasciate per strada?"
Dietro di lei vediamo Umberto farsi strada verso l'uscita, dove Lello lo afferra per un braccio e lo trascina via.
Insultata, Mimì si alza e si difende rumorosamente, mani sui fianchi. Lei svetta su Gioia. In abiti neri simili, le donne si scambiano insulti. Quando Gioia mette le mani sulle spalle di Mimì, gli uomini si lanciano a separarle.
Nel frattempo, Lello sta perquisendo Umberto: “Tira fuori il portasigarette! Non pensare di fare il furbo con me! Dove l'hai messo?"
"Non ce l'ho! Mi è cascato!"
"Ti potrei rompere un braccio, lo sai?" dice Lello, afferrando il braccio di Umberto per dimostrarlo.
"Lo so..." dice Umberto, gridando per il dolore. In sua difesa, dice: "Non fare il villano! Capisci la mia situazione delicata. Stavo con una distinta signora!"
Attraverso la finestra del ristorante, vediamo una rissa in corso.
Lello scuote il dito verso Umberto. "Stammi a sentire! Spizzico per quel portasigarette mi avrebbe dato diecimila lire! Ora me le devi tu!”
"D’accordo! Appena trovo diecimila lire sarà mio pensiero dartele”.
Ma Lello ne ha bisogno stanotte. Stringe il braccio attorno alla spalla di Umberto e inizia a portarlo via, alla ricerca di altre tasche da derubare.
Proprio in quel momento Gioia esce dal ristorante, stringendo ancora la bottiglia di champagne. Urla loro: “Giovanotti! Umbe’! Che fai? Mi lasci sola?”
Umberto fa le presentazioni formali e chiede a Gioia: “Cosa hai fatto? Hai abbandonato quelli li?”
Gioia risponde: “Ma certo, sono una manica di zozzi quelli lì”.*
*Questa è la battuta che gli spettatori ascoltano. A quanto pare, la battuta originale – "Sono una manica di stronzi" – è stata censurata durante la fase di doppiaggio.
Gioia chiede a Lello: “Lei che fa? Entra? Esce? Passa?"
“Passavo e ci siamo visti”.
Gioia risponde: "Che vogliamo fare? Non possiamo mica passare la mezzanotte all’addiaccio, no? Il signore che programmi ha?"
Lello risponde: "Visto che l’ho incontrato, io andrò con lui".
"Beh" – risponde Gioia – "lui è con me, quindi andiamo tutti e tre insieme, no? Oh, che bello!" Umberto cerca di interromperla, ma è inarrestabile. “Le piace ballare?" Con la faccia illuminata, indica Lello con quella mano guantata di nero.
Alla fine Umberto spiega: "Tortorella, non è il caso".
All'improvviso, però, Lello sorride a Gioia. “Ho un'idea. Perché non andiamo all’EUR*?”
*Un quartiere di Roma con locali notturni.
Gioia adora l'idea. Umberto chiede: "Solo a ballare?" Spera che l'ondata di criminalità della serata sia finita.
Ignorandolo, Lello propone: "Prendiamo la metropolitana. Tre fermate e ci siamo!"
Partono, Gioia sottobraccio tra i due uomini. Lello grida allegramente, "Svelti però! Sennò la mezzanotte ci prende per la strada!"
Alla stazione della metropolitana, un'orda di persone in festa chiacchiera e suona trombette. Gioia è elettrizzata dall'eccitazione.
Tra la folla, Lello dice a Umberto: "Fai i biglietti".
"Io non ho spicci!"
Gioia propone: “Ognuno paga per se”, ma Lello rifiuta.
Consegnando i soldi a Umberto, lo manda via con una forte spinta: "Vai!"
Andandosene, Umberto controlla controluce per assicurarsi che le banconote siano vere.
"Ci voleva l’ultimo dell’anno a me per vedere la metropolitana!" – osserva Gioia – "Sa: non ci ero mai stata”.
Mentre continuano a scendere le scale verso il treno, lei gli chiede perché abbia lasciato Milleluci. Lui risponde seducentemente: "Lei che ne pensa?"
"Matto!" risponde lei. Con le labbra aperte, guarda la faccia di Lello, così vicina alla sua.
Con un braccio attorno a Gioia, Lello la accompagna giù al binario, dove un treno sta arrivando. Una folla rumorosa preme sulle scale dietro di loro. Nel mezzo della folla c'è Umberto.
Lello guida Gioia al centro del vagone della metropolitana, quindi si gira e si fa largo con forza tra la folla in arrivo, per scendere dal vagone.
Gioia sta ancora stringendo la sua bottiglia di champagne, un talismano di speranza o almeno perseveranza.
Umberto arriva a malapena al treno prima che le porte si chiudano. È quasi a bordo, quando Lello lo tira indietro per le code dello smoking. Umberto che viene afferrato per la parte posteriore del suo smoking sta iniziando a sembrare un motivo.
Dopo tutto il trambusto della folla, all'inizio non si rende conto che è Lello a trattenerlo.
Umberto bussa sulla porta del treno, urlando: "Ferma! Fermate!"
Quando alla fine si gira e vede Lello, lancia i biglietti in aria, disgustato. “Sei stato tu, eh? L'hai fatto apposta. Brutto vigliacco!”
Lello è impassibile. "Devo rimediare assolutamente 50.000 lire prima di domani. Cammina”.
Spinge Umberto, che protesta come un bambino: "Non spingere!"
La stazione è ora deserta. Continuando a spingere, Lello dice a Umberto: "Muoviti o ti faccio passare il capodanno in ospedale".
Credendo che Lello sia da qualche parte nel vagone affollato, Gioia urla un paio di volte, “Sono qui!” Poi si arrende e parla scherzosamente con gli altri passeggeri; tutti sono di buon umore. Appena il treno si ferma e i passeggeri lo svuotano, Gioia chiama vivacemente: "Signor Lello! Signor Lello!" Ma il vagone è praticamente vuoto. E il signor Lello non c'è.
Decide che deve essere sceso senza di lei. Corre verso la porta, dicendo "Aprite questa porta, no?" Ma il treno continua ad avanzare. Agitandosi, corre verso il conducente.
Quando il conduttore si gira, vediamo che è Alfredo, dall'inizio della storia!
Gioia lo supplica: “Dico, vuol fermare, per piacere? Fermi! È così difficile?" Non è mai stata in metropolitana prima – la metropolitana di Roma era stata aperta appena cinque anni prima dell'uscita di questo film – quindi davvero lei non capisce.
Alfredo la guarda come se fosse pazza.
Aiutando Alfredo, un altro dipendente in uniforme le dice: "Non si può’".
"Perchè?"
"Ha perduto la fermata?"
“Ho perso due amici. Con questa caciara non hanno fatto in tempo a salire! Fermi!” Sembra pensare che funzioni come un autobus o un taxi.
L'uomo le dice: "Ho sentito due uomini che strillavano".
"Ah, si?"
Alfredo si gira verso di lei e le chiede con la sua voce gorgheggiante: "Mi scusi, dove deve scendere?"
"All’EUR".
"Ma questo treno non va all’EUR!”
Lei risponde con rabbia: "Abbiamo sbagliato tutti stasera!"
Ma poi si sente in colpa: conclude che i due uomini che urlavano devono essere stati Umberto e Lello che la chiamavano per scendere dal treno. "Poveretti! Si erano accorti che il treno era sbagliato”. Subito se la prende con l’uomo. "Ma lei perchè non mi ha avvisato che mi stavano chiamando?"
"Mi scusi, ma io che ne sapevo che i signori erano con lei?"
Sconfitta, Gioia si siede. "Che iella stasera". Solleva il guanto nero sul viso, le dita aperte. "Tutto è andato storto, tutto è andato storto, mannaggia”.
In un raro primo piano, Gioia, molto vicina alle lacrime, guarda dritto verso la macchina da presa. È in mezzo al nulla. Sembra che per lei l’anno non stia finendo affatto bene.
FINE PARTE IV
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GLOSSARIO
all’addiaccio – outdoors
apposta – on purpose
caciara (no change) – mob (in Roman dialect)
è cascato (cascare) – it fell
le code (a/e) – the tails
controluce - against the light
filava (filare) – he flirted
un giovanotto (o/i) – a young man
iella (a/e) – bad luck
liquidano (liquidare) – they brush off, dismiss
una manica (ca/che) – a pack, bunch, group (pejorative)
offro (offrire) – my treat, I’ll pay
un'orda (a/e) – a horde
pendono (pendere) – they hang
sarà (essere) mio pensiero – I’ll make sure
sta perquisendo (perquisire) – he is frisking, searching [someone]
si precipita (precipitarsi) – she bounds, rushes
preme (premere) – he presses
se la prende (prendersela) – she turns on, attacks
non proprio – not exactly
rieccolo – there he is again
rimediare – to get, obtain
una rissa (a/e) – a brawl
rovente (e/i) – scalding
si scambiano (scambiarsi) – they exchange
sciacquetta (a/e) – nitwit
sta scrutando (scrutare) – he is peering
stammi (stare) a sentire! – Listen to me!
sgomento (o/i) – dismay
per sicurezza – just in case
sottobraccio – arm in arm
spicci (io/i) – change (money)
si stacca (staccarsi) – it is coming off, separating
storie (ia/ie) – fuss, hassle
stringendo (stringere) – clutching
stronzi (o/a/i/e) – assholes, bastards
supplica (supplicare) – she pleads
svetta (svettare) su – she towers over, stands out
svuotano (svuotare) – they empty out
trattenerlo (trattenere) – holding him back, to hold him back
trombette (a/e) – noisemakers
vigliacco (cco/cca/cchi/cche) – coward
il villano (o/a/i/e) – the ignorant, rude person
zozzi (o/a/i/e) – filthy (people)