Regia: Vittorio De Sica (1960)
Sceneggiatura: Cesare Zavattini
Storia: Alberto Moravia
Fotografia: Gábor Pogány
I titoli di apertura scorrono su delle foto di Roma in tempo di guerra: luglio 1943. Al centro il monumento nazionale a Vittorio Emanuele II (o "il Vittoriano"). A destra la Basilica di San Pietro vista attraverso Via della Conciliazione, la chiesa cattolica più grande al mondo.
Guarda questo affascinante filmato della Basilica prima, durante e dopo che Mussolini ha raso al suolo il quartiere residenziale della “Spina di Borgo” per rendere più ampia la vista della Basilica attraverso Via della Conciliazione.
Sacchi di sabbia proteggono l'edificio sulla sinistra. Sulla destra, una mappa sul muro ci mostra che questa è l'Italia ai tempi delle colonie d’Africa.
La scena si apre su una strada fuori dal negozio di Cesira (Sophia Loren). Due uomini passano e si scambiano il saluto fascista. Improvvisamente suona la sirena del raid aereo. Si sentono alcune esplosioni, le persone sulla strada si disperdono. Uscendo in fretta dal suo negozio, Cesira alza lo sguardo e chiude la saracinesca sull’entrata.
All'interno del negozio, alcuni clienti attendono che il bombardamento finisca. La forza delle bombe che precipitano fa cadere i prodotti dagli scaffali. Nel mezzo del tumulto, Rosetta (Eleonora Brown), figlia dodicenne di Cesira, sviene.
Cesira si precipita e la prende in braccio. Chiede a qualcuno di portare dell’acqua e freme vedendo che l'acqua non arriva abbastanza velocemente. Alla fine dice a Rosetta: "È finita, sono andati via. Apri gli occhi, guarda la tua mamma".
In quel momento, Cesira prende una decisione. Dice alla sua giovane figlia: "Ti porterò via da qua. Chiuderò il negozio e ti porterò via da Roma".
I clienti iniziano a lasciare il negozio. Uno si ferma fuori, guarda giù per la strada verso un'area che è stata bombardata. Una donna corre gridando: "La mia casa!" Un titolo di giornale parla della devastazione di Roma a causa dei bombardamenti.
Cesira si abbassa sotto la saracinesca semiaperta e continua lungo la strada, sistemandosi i capelli mentre passa accanto a un gruppo di uomini che leggono il giornale a voce alta. Entra in un deposito di carbone.
"Giova" – dice – "Mi devi aiutare. Devo portare via mia figlia”.
"Dove vuoi andare?" chiede lui.
"Via da Roma!" Gli chiede se terrà d'occhio il suo negozio mentre lei sarà via.
Giovanni (Raf Vallone) la guarda e, con un improvviso sguardo di gentilezza, dice che è dispiaciuto che lei se ne vada.
Arriva un operaio e Giovanni gli mette un carico sulle spalle.
"Ti aspetto tra un'ora”, dice.
"Perché un'ora?" chiede l'uomo.
"Tra un'ora”, ripete Giovanni con impazienza.
Quando l'uomo se n’è andato, Giovanni chiude la porta e torna nella stanza dove Cesira sta aspettando. Gli dice: “Se fosse successo qualcosa a Rosetta, avrei ucciso qualcuno”.
Camminandole intorno, rimane in piedi nella luce della porta aperta. "Tu mi puoi domandare di tutto", dice. "Lo so" – risponde lei – "Tu sei sempre stato un amico sincero di mio marito".
Fuori, vediamo dei bambini che giocano alla luce del sole.
Giovanni flirta con lei parlando di suo marito morto. Si avvicina alle finestre e lentamente le chiude.
Lei gli risponde che durante gli ultimi due anni del suo matrimonio, prima che suo marito morisse, dormiva da sola. Giovanni commenta in modo provocatorio. Lei risponde: "Non mi conosci".
Si alza per andarsene, ma lui delicatamente la spinge indietro sulla sedia. Dice che è un'ora morta lì; nessuno verrà.
"Tu mi vuoi un po’ di bene", dice mentre le si avvicina.
Lei lo guarda incredula. "Pensa a tua moglie".
"Se una bomba la fa morire, ti sposo", risponde, scioccandola.
La raggiunge. Lei gli dice di smettere e lottano. Un bagliore dal caminetto illumina il viso di Cesira e poi lo riporta all'oscurità. Alla fine si arrende a lui – per la solitudine, per il desiderio o semplicemente perché questo è il prezzo che deve pagare perché Giovanni badi al suo negozio quando lascerà Roma.
Cesira lascia il magazzino di Giovanni ma poi torna indietro.
Lei lo chiama dalla porta e lui viene da lei. Si appoggia allo stipite, con aria severa ma anche vulnerabile. "Giovanni, non farlo mai capire a mia figlia, hai capito? Mettiti in testa che, per me, non è successo niente. Siamo come prima". Lui risponde semplicemente: "Ci vediamo domani".
Ma poi, quando lei si gira per andarsene, le dà uno schiaffo sul posteriore. Lei si volta indietro furiosa e dice: "Non avere questo atteggiamento da padrone! Io non ho padroni!" Con una spinta gli rovescia un secchio di carbone.
Ma a quanto pare Cesira lo perdona. Con una dissolvenza incrociata passiamo da questa scena nel magazzino di carbone alla stazione ferroviaria il giorno dopo, dove Giovanni è venuto a salutare Cesira con una bottiglia di vino. Lei gli dice allegramente, "Ti ringrazio anche per questa! Fai mettere subito un’altra serratura!"
Risponde: "L’ho già detto a Gaetano!"
"Va bene".
Lui aggiunge: "Se c'è qualcosa di nuovo, ti scrivo".
"Io no! Io non scrivo" – gli risponde lei – "Mi ci vuole un’intera pagina per una parola!"
"Bastano i saluti", insiste lui.
Lei chiede: "Tu potresti venire su una domenica?"
"Ci ho già pensato! Ciao!"
Cesira e Rosetta siedono sul pavimento del treno affollato. Rosetta si addormenta immediatamente. Cesira dice a un altro passeggero: "Mia figlia era così eccitata all'idea di partire che non ha dormito la scorsa notte! Poveretta!"
Vediamo che il treno ha lasciato la città e sta attraversando la campagna montuosa. I cavalli viaggiano su uno dei vagoni merci.
Il treno stipato avanza. Cesira dorme con Rosetta tra le braccia.
All'improvviso il treno si blocca. Tutti si svegliano, disorientati. I passeggeri si sporgono dai finestrini e chiedono al conduttore cosa stia succedendo. "Una bomba ha fatto saltare i binari. Ci vorranno quattro o cinque ore per aggiustarli".
"Guarda i monti della Forcella", dice Cesira a Rosetta. Chiede agli altri passeggeri: "Dov'è Sant'Eufemia?" e decide che sarebbe più veloce camminare. Dice alla figlia che la strada sarà lunga e Rosetta risponde dolcemente: "Mi piace camminare, mamma".
Cesira scende dal treno e aiuta Rosetta a scendere. Da un finestrino un passeggero le porge le valigie.
Alcuni soldati tedeschi le porgono il suo sacco. Chiede loro quando la guerra finirà. Rispondono che saranno a casa per Natale.
Cesira arrotola il suo foulard e se lo mette in testa. Si alza in piedi, solleva una valigia e la appoggia sulla testa. Poi passa un foulard anche a Rosetta. I passeggeri affacciati ai finestrini iniziano di colpo a fare il tifo, "Brava! Brava!" A quanto pare, vengono dalla città e non hanno familiarità con il modo in cui le persone di campagna trasportano le cose.
Neanche Rosetta è così abituata. Sua madre le spiega: "Si fa così. Mettila al centro della testa e non tenere il collo rigido". Mentre si allontanano dal treno, i passeggeri le incoraggiano gridando: "Stai attenta! Fai attenzione!" Ci sono anche grida di "Auf wiedersehen!" e “Arrivederci!" Apparentemente i tedeschi sono abbastanza a proprio agio tra gli italiani.
Cesira e sua figlia si tolgono le scarpe e camminano scalze come contadine. Alle prese con la sua valigia, Cesira mormora: "Anche io ho perso l’abitudine, mannaggia!" È stata in città per molto tempo.
Madre e figlia si sono fermate a casa di una contadina per lavarsi. La donna commenta che i suoi figli non riescono a smettere di guardarle, il che mette Cesira a disagio. Tuttavia decide di passare la notte lì. Lei e la contadina discutono il pagamento per la stanza.
Notando che due soldati italiani si stanno avvicinando attraverso gli alberi, la donna avverte i suoi figli, che scappano. I soldati arrivano e chiedono dove siano i suoi figli. Lei risponde che stanno combattendo per Mussolini.
Vedendo Cesira che pettina i capelli di Rosetta, uno dei soldati chiede alla contadina chi siano le due donne. Lei gli risponde che vengono da Roma e sono dirette a Sant'Eufemia.
Gli uomini avvertono la contadina: i suoi figli sono disertori e, se li prendono, devono sparargli. Lei fa offrire loro del vino dal marito. Loro bevono e poi allungano i bicchieri per averne ancora.
Rosetta tiene uno specchio mentre Cesira si sistema i capelli.
I soldati si avvicinano a loro: "Che si dice nella capitale, signora?"
"Arrivano delle bombe grandi così", risponde, gesticolando.
"Tra un mese vedrete che succede. Siamo decisi a farla finita".
"Speriamo".
I soldati le suggeriscono di fermarsi a Fondi, che a Fondi c'è da mangiare e che a Sant'Eufemia non c’è nemmeno la farina. Ma Cesira risponde che è di là; lì le persone la conoscono.
Uno degli uomini suggerisce a Cesira che potrebbero stare nel loro comando e dare una mano in cucina. Allunga la mano su Rosetta, chiedendo: "Ci verresti o preferisci andare in mezzo alle capre?" Cesira toglie la mano con fermezza. Probabilmente trascorrerà il viaggio proteggendo la figlia da uomini che non si rendono nemmeno conto che lei è solo una bambina.
Quando lui allunga la mano di nuovo, Cesira lo insulta. Lui risponde che lei merita di essere fucilata, ma interviene la contadina che dice a Cesira che gli uomini sono fascisti, persone rispettabili. L'altro soldato dice: "Sono donne, non ne vale la pena". I soldati se ne vanno, ma non prima di avere detto a Cesira che potrebbero obbligarla ad andare al comando perché è tempo di guerra.
Una dissolvenza incrociata ci porta al mattino successivo. Cesira è alla finestra. Un gallo canta. Lei si sporge e guarda fuori.
Scuote sua figlia per svegliarla, dicendole che è giorno. Devono partire prima che gli uomini tornino. Lascia i soldi per la stanza sul tavolo e partono.
Mentre le due camminano lungo la strada, con le valigie sulla testa, Cesira dice a Rosetta: "Tu non sei mai stata su un mulo". "Mai, mamma".
Vengono sorpassate da un uomo che va in bicicletta. Cesira lo ferma e chiede dove potrebbero trovare due muli per andare a Sant’Eufemia. “A piedi la creatura non ce la fa”.
Lui dice che non lo sa. Viene dal villaggio successivo, Forcella, e non può aiutarla.
Si sente basso un suono inquietante di tamburo e il vento inizia a soffiare. All'improvviso i tre guardano in alto e vedono una formazione di aerei da combattimento in cielo. "Stanno andando un’altra volta a Roma", commenta l’uomo. Le saluta e se ne va.
Ma si sbaglia. Sentiamo il rombo degli aerei farsi più forte mentre piombano giù e iniziano a sparare. Rosetta vola tra le braccia di Cesira; l'uomo in bicicletta viene colpito ed ucciso.
Cesira prende il braccio di sua figlia. "Meglio che tagliamo di qua".
"Ma mamma, quel vecchio...?"
"Ma di cosa vuoi impicciarti, figlia mia?"
Una dissolvenza incrociata ci porta a Sant'Eufemia.
Mentre le due donne camminano, sentiamo un gruppo che canta accompagnato da una fisarmonica. In un bellissimo tocco di sincronismo vediamo una contadina che cammina con una brocca in testa, come le nostre due donne che camminano con le valigie sulle teste. Mentre si avvicinano al gruppo, il canto si attenua e si ferma. Tutti guardano Cesira e Rosetta.
Apparentemente Cesira non va lì da un bel po’ di tempo. Si presenta e condivide suoi i ricordi. Cesira e gli abitanti iniziano a scambiarsi aggiornamenti sulle persone che conoscono.
"Che aria! Ti viene subito voglia di parlare in sant’eufemiese", dice Cesira, e aggiunge qualcosa in dialetto. Chiede dei familiari e scopre che qualcuno si è trasferito a Napoli, qualcun altro è morto. Si gira e indica il luogo in cui è nata.
Alla fine Cesira chiede se può restare a casa della famiglia, ma tutto è già occupato dalle persone al tavolo, anche loro sono rifugiati.
Qualcuno suggerisce che il telaio potrebbe essere tolto dal capanno della tessitura e che Cesira e Rosetta potrebbero rimanere lì.
Cesira dice al padrone di casa: "Paride, ricorda che siamo parenti".
"Qui siamo tutti, parenti".
"Io non torno a Roma. Stamattina ci stavano per uccidere".
"Come?"
"Un aereo ha ammazzato un ciclista, poveraccio".
"Qui stiamo lontano da tutto. Gli inglesi stanno per arrivare".
Si decide che il telaio verrà spostato. Cesira e Rosetta possono stare lì.
Le persone intorno al tavolo cominciano a discutere della guerra. Michele (Jean-Paul Belmondo) accusa alcuni di essere fascisti e di volere la guerra. Un uomo gli risponde che parla come se non fosse italiano. Dopo che il ragazzo se ne va disgustato, il gruppo riprende a cantare una canzone fascista.
Mentre qualcuno lavora al telaio, che è stato trasferito in casa, la famiglia mangia e parla del costo del cibo e di ciò che è disponibile. Sullo sfondo, una donna si lava i piedi in un catino.
Al suono di aerei, Cesira alza lo sguardo, preoccupata, ma qualcuno le dice di non aver paura; passano tutte le sere.
Rosetta dà a suo cugino una lezione di aritmetica, usando il pane che ha in mano. Gli adulti parlano di un parente prigioniero di guerra in Russia a cui manca la sua bambina.
Un ragazzo arriva alla porta gridano: "Gettano i "lucernoni!" E tutti corrono fuori a guardare i bagliori che cadono dagli aerei degli Alleati.
Rosetta dice: "Che bello, mamma! Mi viene voglia di pregare".
"Allora prega, angelo mio, prega".
Rosetta si fa il segno della croce e si inginocchia in preghiera.
Michele si avvicina a Cesira scusandosi per il suo comportamento a tavola. Lei gli dice che non si è offesa e chiede cosa stiano facendo gli aerei con le luci. Lui risponde: "Spiano i movimenti delle truppe".
"Vedono anche noi?"
"Certo".
La prossima scena tocca uno dei temi del film: come la guerra sta facendo crescere la piccola Rosetta. Nella loro stanza, Cesira sta facendo il bagno alla ragazzina. La madre rovescia un secchio d'acqua sulla testa della figlia, commentando con noncuranza che sta iniziando ad avere un sederino da donna. All'improvviso si apre la finestra. È Michele!
Rosetta, vergognandosi, si copre con le braccia. Michele, altrettanto mortificato, corre via. Cesira ride e basta.
Dalla finestra, chiama Michele. Lui si scusa; era venuto solo a invitarle a fare una passeggiata. "Non ti spaventare" – risponde Cesira – "È solo una bambina".
Rosetta, d'altra parte, risponde che non vuole mai più vederlo. Cesira la rassicura: "Non ti ha visto".
Povero Michele. Cesira osserva che è un po' pazzo. "Suo padre ha speso un sacco di soldi per farlo studiare, solo per sentirsi offendere da suo figlio".
"Ma ha detto delle cose giuste", dice Rosetta.
"Ma che ne sai tu della vita, figlia d’oro", risponde la madre.
Ma Cesira e Rosetta non possono essere troppo crudeli con lui perché suo padre ha prosciutto, pasta, tutto!
Una dissolvenza ci porta a un nuovo giorno. Rosetta corre in un campo con Michele; Cesira non è molto più indietro.
Rosetta ha con sé un libro. Michele chiede di cosa tratti e glielo prende per leggerlo. Cesira si occupa dei capelli di sua figlia. Quando Michele scopre che Rosetta va in una scuola religiosa, commenta: "Dalle suore non si impara la verità". Questo fa arrabbiare la bambina devota, che scappa via.
Michele si scusa ma aggiunge: "Ogni tanto devo dire quello che penso".
Cesira e Michele hanno una conversazione intima su questioni personali e sulla politica. Lui non ha mai avuto una ragazza. Cesira commenta: "Ci si può privare di tante cose, ma non dell’amore".
All'improvviso Cesira sente qualcuno che parla e alza lo sguardo. I soldati di Fondi, dove Cesira e sua figlia hanno passato la prima notte, sono qui! Vestiti con abiti civili, stanno parlando con Rosetta. Cesira salta su e corre da lei.
I due stanno cercando la scorciatoia per Sella. Cesira gliela indica.
Sanno che Michele è un antifascista. Gli dicono che Mussolini è stato messo in prigione. Michele sorride.
Uno degli uomini punta una pistola contro Michele: "Venti anni di gloria rovinati in un giorno, in un'ora!" Gli uomini spaventano Rosetta, che si nasconde tra le braccia di sua madre. Lei dice al fascista di mettere via l’arma. Il suo compagno lo convince: "I tedeschi lo prenderanno. Andiamo". I due se ne vanno.
"Per noi comincia una nuova vita!" esclama Michele. Cesira dice che ora possono tornare a Roma. Michele le risponde entusiasta, "Sì, siamo liberi!" Bacia lei e sua figlia. Felicissimo, corre via per dare la notizia a suo padre, a sua madre, a tutti.
FINE PARTE I
Click here for Part II of La ciociara.
GLOSSARIO
a proprio agio – comfortable
a quanto pare – apparently
si abbassa (abbassarsi) – she ducks, lowers
affacciati (affacciare) – hanging out (past participle)
affollato (affollare) – crowded (past participle as adjective)
alle prese – struggling
gli Alleati (o/i) – the Allies
allungano (allungare) – they stretch out, extend
altrettanto – as much
si appoggia (appoggiarsi) – she rests
si arrende (arrendersi) – she surrenders, gives in
arrotola (arrotolare) – she rolls up
si attenua (attenuarsi) – it dies down
avverte (avvertire) – she warns
badi (badare) – he looks after
un bagliore (e/i) – a flash of light
i binari (io/i) – the tracks
una brocca (cca/cche) – a jug
il caminetto (o/i) – the fireplace
il capanno (o/i) della tessitura – the weaving shed
le capre (a/e) – the goats
un catino (o/i) – a basin
il comando (o/i) – the headquarter
un deposito (o/i) di carbone – a coal depot
di colpo – suddenly
dirette (dirigirsi) – headed for (past participle)
a disagio – uneasy
disertori (e/i) – deserters
si disperdono (disperdersi) – they disperse, scatter
una dissolvenza (a/e) incrociata (a/e) – a dissolve (cinematic term: the end of one scene or shot blends into the beginning of another one)
dodicenne (e/i) – 12-year-old
fare il tifo – to cheer
fazzoletto (o/i) – headscarf
freme (fremere) – she becomes frantic
fucilata (fucilare) – shot (past participle)
impicciarti (impicciarsi) – to meddle, interfere
si inginocchia (inginocchiarsi) – she kneels
i lucernoni (e/i) – the big lights
mannaggia! – damn1
mormora (mormorare) – she mutters
noncuranza – nonchalance
un operaio (io/i) – a worker
piombano (piombare) – they swoop
porge (porgere) – he passes to, hands out, extends
si precipita (precipitarsi) – she rushes over
precipitano (precipitare) – they fall, collapse
preghiera (a/e) – prayer
raggiungerà (raggiungere) – it will catch up
ha raso (rasare) al suolo – he razed
riporta (riportare) – it returns
il rombo (o/i) – the roar
rovescia (rovesciare) – she knocks over, dumps
rovinati (rovinare) – ruined (past participle)
i sacchi (cco/cchi) di sabbia – sandbags
la saracinesca (ca/che) – the security gate
sasso (o/i) – rock
gli scaffali (e/i) – the shelves
scalze (o/a/i/e) – barefoot
condivide (condividere) – she shares
uno schiaffo (o/i) – a slap, smack
la scorciatoia (a/e) – the shortcut
scuote (scuotere) – she shakes
un secchio (io/i) – a bucket
un sederino (o/i) – a behind
sistemandosi (sistemarsi) – arranging
soffiare – to blow
sorpassate (sorpassare) – overtaken (past participle)
sparargli (sparare) – to shoot them
si sporgono (sporgersi) – they hang out, lean out
la stazione (e/i) ferroviaria (io/ia/i/ie) – the railroad station
stipato (stipare) – packed, crammed (past participle as adjective)
lo stipite (e/i) – the doorpost
le suore (a/e) – the nuns
sviene (svenire) – she faints
il telaio (io/i) – the loom
terrà (tenere) d'occhio – he will keep an eye (on)
i titoli (o/i) di apertura – opening titles
vagoni (e/i) merci (e/i) – freight cars